terrorismo e storia

Un Memoriale per le vittime del massacro di Monaco 1972

Aperto il 6 settembre nel Parco Olimpico a Monaco di Baviera in ricordo delle 12 vittime della carneficina. Gli atleti di Israele vennero uccisi da un commando di fedayn di Settembre Nero. Ma non è stato facile arrivare al Memoriale: sono arrivate anche le proteste di chi abitava nella zona


Jeanne Perego


Waldi è stato la prima mascotte ufficiale dei Giochi Olimpici estivi: un bassotto di color blu che riportava sul corpo i colori degli anelli olimpici: giallo, verde, arancione, verde scuro e verde chiaro. Non il nero e il rosso che avrebbero richiamato troppo i colori del nazionalsocialismo. C’erano Waldi dappertutto a Monaco in quei primissimi giorni di settembre del 1972, quando gli occhi del mondo erano puntati sulla capitale bavarese per le prime Olimpiadi sul suolo tedesco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Un grande evento mediatico che, nello spirito degli organizzatori, doveva raccontare almondo una storia tedesca di pace, di festa, di gioia e di colore, gli “heiteren Spiele”, Giochi sereni, come erano stati battezzati, dopo i drammatici anni bui di Hitler e del nazismo, in cui proprio Monaco di Baviera aveva avuto un ruolo cruciale. Andre Spitzer, 27 anni, coach della squadra di scherma israeliana che partecipava ai Giochi, ne aveva comprato uno di quei Waldi: un animale in tessuto che avrebbe portato in regalo alla figlia Anouk nata tre settimane prima.

Ma quel regalo da papà a figlia non è mai stato fatto, quel padre non ha mai consegnato il pupazzo alla propria bambina perché il 5 settembre 1972 Andre Spitzer fu massacrato insieme a 10 compagni della rappresentanza israeliana e a un poliziotto bavarese nel primo attacco terroristico nel mondo dello sport ad opera di 8 fedayn dell’organizzazione palestinese Settembre Nero. Quel bassotto di stoffa è comunque arrivato dove era destinato e ora si fa notare su uno scaffale del salotto in casa della moglie Ankie Spitzer a Tel Aviv, come ha raccontato Tim Assmann, corrispondente del canale radiofonico tedesco ARD in Israele. Ankies lo trovò nella camera del marito quando da Amsterdam, dove si trovava a casa dei genitori, si precipitò a Monaco dopo la strage. Non volevano farla entrare nella palazzina di Connollystrasse 31 che aveva ospitato la delegazione israeliana: c’era sangue dappertutto e chi era con lei voleva risparmiarle un ulteriore shock. Ma Ankie aveva deciso di vedere il posto in cui il marito aveva passato le ultime ore di vita. Lo voleva a tutti i costi. E non si lasciò dissuadere. Uscendo dalla stanza dove gli atleti erano stati tenuti in ostaggio, e dove il pesista Yossef Romano era stato ferocemente torturato e ucciso davanti ai compagni, si disse: “se questo è quello che è successo a quell’uomo di pace, mio marito, che nient’altro desiderava che il partecipare alle Olimpiadi, allora io non starò più zitta, non cesserò mai di parlare al mondo del travisamento degli ideali olimpici”.

E così è stato. Ankie, insieme a Ilana Romano, la moglie di Youssef, da allora ha portato avanti, a nome dei familiari di tutte le vittime di quella carneficina, una battaglia indefessa perché i loro cari non venissero dimenticati. Ha combattuto a testa bassa contro lentezze, dinieghi e rinvii per una commemorazione ufficiale da parte del Comitato Olimpico Internazionale e dallo Stato tedesco e da quello bavarese, oltre che per un indennizzo per quelle vite stroncate. Il risarcimento è arrivato solo dopo 30 anni, alla fine di infinite battaglie legali le cui spese sono rimaste a carico dei familiari degli atleti. 3 milioni di euro in totale divisi tra i 25 richiedenti. Il momento commemorativo ufficiale durantei Giochi Olimpici ancora non si è ancora visto. In occasione delle Olimpiadi di Londra del 2012 il presidente del Comitato olimpico, Jacques Rogge, rifiutò la richiesta di Ankie per un minuto di raccoglimento durante la cerimonia di apertura nel 40esimo anniversario dell’eccidio. Per la moglie di Andre Spitzer e gli altri una decisione in linea con quella di Avery Brundage, allora presidente del CIO, che il giorno successivo alla strage decise che di non sospendere quell’edizione dei Giochi. Ora con il nuovo presidente, Thomas Bach, tedesco ci sono significative aperture per questo.

Ma un’altra battaglia Ankie e Ilana l’hanno vinta: mercoledì 6 settembre, è stato ufficialmente inaugurato nel Parco Olimpico di Monaco di Baviera il Memoriale per le 12 vittime dell’attentato. Situato a poca distanza dalla palazzina assaltata dai terroristi palestinesi, è stato ritagliatoin una collinetta, la Lindenhügel, la collina dei tigli. Progettato dallo studio di architetti Brückner & Brückner, che ha vinto il concorso indetto dallo stato bavarese, è costato quasi 3 milioni di euro, finanziati dallo stesso Stato bavarese, dallo Stato federale e dal Comitato Olimpico Internazionale. Il taglio nella collina sta a rappresentare la ferita mai rimarginata ma ora “riempita di memoria”. L’interno, in scura pietra grigia, è alto 2,50, sopra c’è un metro e mezzo di terra e erba della collina del Parco Olimpico, a testimoniare un legame eterno con quel luogo. Su una parete un grande schermo con un filmato in loop che in 27 minuti ripercorre le biografie delle vittime, per raccontare che quel giorno di settembre di 45 anni fa furono massacrati degli uomini, prima ancora che degli atleti e dei simboli. Uomini che avevano dei sogni, dei progetti, come tutti.

Non manca una parte dedicata alla cronaca di quella giornata maledetta del settembre 1972. Perché sono in tanti, soprattutto tra le nuove generazioni, quelli che di questa tragedia non hanno mai sentito parlare. È un passato che non è mai stato loro trasmesso. Lo ha raccontato proprio Ilana Romano, che negli anni scorsi si è trovata a tu per tu con alcuni degli studenti che ora abitano nella palazzina teatro dell’attacco che “non sapevano cosa fosse successo lì”. L’inaugurazione del 6 settembre, cui hanno presenziato il presidente della Repubblica tedesca, Frank-Walter Steinmeier, e quello di Israele Reuven Rivlin, chiude il conto aperto di Monaco di Baviera con un capitolo penoso della sua storia.

Ma non è stato facile arrivare a questa conclusione, a snervare Ankie Spitzer e tutti gli altri familiari delle vittime dopo l’approvazione del progetto nel 2013 sono arrivate le proteste di chi abitava nella zona e non voleva rinunciare alla collina su cui i bambini in inverno vanno con gli slittini, e quella degli studenti che ora vivono in quelli che furono gli alloggi degli atleti che temevano sguardi indiscreti nei loro dormitori. Per ben due volte si è dovuto ricominciare tutto daccapo, scegliendo una nuova collocazione del memoriale. Al responsabile del progetto, il ministro bavarese della cultura Ludwig Spaenle sono piovute addosso critiche di ogni genere. Ma ora , almeno per quanto riguarda la città, i rapporti con i parenti delle vittime dell’attentato terroristico sono finalmente distesi. Lo ha confermato Ankie Spitzer, parlando con un giornalista della Suddeutsche Zeitung dopo la cerimonia inaigurale: “ è la prima volta che ho il sorriso sulle labbra a Monaco di Baviera”.













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