SANITA'

Tumore, mortalità in calo del 30 per cento 

Al convegno dei volontari dell’Anvolt le cifre e le nuove terapie: 700 donne in cura per il cancro al seno


di Fabio Peterlongo


TRENTO. Le prospettive dell’immuno-oncologia, una breast unit contro il tumore al seno e l’importanza di una “rete oncologica” che sostenga il malato nella sua sfida: questi i temi affrontati al convegno straordinario di Anvolt, Associazione Nazionale Volontari Lotta Contro i Tumori.

Paolo Bordon, direttore dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, fotografa la situazione: «Ogni anno in Trentino muoiono di tumore 1400-1500 persone; tuttavia dal 1995 al 2012, c’è stato un calo della mortalità tumorale del 30%. Il tumore al seno desta particolare preoccupazione, visto che sono 700 le donne in cura per questa patologia. Stiamo creando una breast unit, un coordinamento che coinvolgerà tutti i medici che si occupano del tumore al seno, dagli oncologi ai chirurghi plastici; la attiveremo entro fine dicembre».

Orazio Caffo, direttore dell’unità di oncologia, insiste sull’importanza di un approccio personale al malato: «Puntiamo sulla prevenzione, promuovendo stili di vita sani. L’innovazione è centrale e coinvolge ogni aspetto della medicina, dalla chirurgia, ai farmaci, fino alle terapie innovative come la protonterapia. Vogliamo favorire al massimo grado le cure domiciliari, poiché salvaguardano la vita relazionale della persona. Con l’introduzione del medico di riferimento, vogliamo che si instauri un’empatia tra medico oncologico e paziente».

Antonella Ferro, oncologo dell’ospedale Santa Chiara, illustra le nuove prospettive offerte dall’immuno-oncologia: «L’obiettivo è quello attivare il sistema immunitario contro la malattia. Con i farmaci immuno-oncologici togliamo “il freno” al sistema immunitario, permettendogli così una maggiore aggressività nei confronti delle cellule tumorali. Il primo campo di prova è stato il melanoma: l’immuno-oncologia ha aumentato considerevolmente la speranza di vita dei pazienti. È una terapia che richiede tempo, perché non aggredisce il tumore, ma fa in modo che sia il corpo a farlo e, come per i vaccini, crea una “memoria” della malattia. Esiste però il rischio di contrarre malattie autoimmuni. Inoltre, è una terapia costosa, che richiede circa 50mila euro l’anno per paziente; ancora non sappiamo bene perché certi reagiscano bene alle cure ed altri no».

Caffo sottolinea a sua volta le potenzialità dell’immuno-oncologia, segnalando al contempo la necessità di contenere i comprensibili entusiasmi: «Oggi trattiamo con le immunoterapie circa 60 pazienti, ma non tutte le forme tumorali sono curabili con queste tecniche: le persone restano impressionate dai servizi tv dal tono “miracolistico” e ci domandano l’immunoterapia anche se la loro malattia non è tra quelle che possiamo trattare in quel modo. Tuttavia, la strada è aperta».













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