Trento: "Autodifesa, il Comune sbaglia"

Gozzer (Federazione judo): «No a calci e pugni, serve un altro metodo»


Chiara Bert


TRENTO. «Per insegnare alle donne a difendersi non bastano 5 ore per imparare a dare calci e pugni, ma una preparazione lunga, per mettere in difficoltà l'aggressore e scappare». È quasi un colpo di karate quello che Gilberto Gozzer, presidente della Federazione jado e arti marziali, assesta al corso di autodifesa organizzato dal Comune. Nel mirino il metodo proposto, il Krav Maga.
Dando attuazione a un ordine del giorno del consiglio, la giunta ha organizzato per settembre un corso di antiaggressione per 50 donne, articolato in un incontro teorico di due ore e mezza e due successivi momenti pratici (2 ore e mezza ciascuno). Il corso punta a fornire alle donne tecniche psicologiche e strumenti pratici per reagire a un'aggressione. Per la parte pratica è stato chiamato un coordinatore dei vigili urbani, istruttore di Krav Maga, un metodo di combattimento corpo a corpo nato in Israele che - spiegano le definizioni - punta a neutralizzare l'aggressore attraverso un mix di pugni, calci e proiezioni.
«Quando l'ho letto, sono rimasto molto perplesso», ammette Gozzer, presidente della Federazione trentina e maestro di judo. La stessa reazione di Paolo Zanlucchi, consigliere comunale Udc e cintura nera di judo con 20 anni di agonismo alle spalle: «La nostra non è una posizione contro qualcuno, ma se vogliamo dare un supporto efficace alle donne, e non fare propaganda, allora è importante che il Comune si confronti con la Federazione prima di affidare un corso di questa portata».
I motivi del dissenso rispetto alla scelta di palazzo Thun li spiega Gozzer. «Per la mia esperienza di 40 anni nel settore delle arti marziali, posso dire che per valutare una situazione di pericolo e saper reagire serve una preparazione lunga che non si acquisisce in 5 ore. Servono almeno 20 ore, per apprendere soprattutto una certa sicurezza psicologica, con un istruttore al massimo ogni 15-20 persone, e questo vale ancor di più quando ci si rivolge a cittadini comuni che non hanno precedenti esperienze di autodifesa».
Gozzer e Zanlucchi propongono un confronto con il Mga, acronimo di «metodo globale di autodifesa», risultato di uno studio trasversale a tutte le arti marziali della Federazione, judo, karate, aikido, ju jutsu e lotta, studiato per cittadini comuni e praticabile da tutti, indipendentemente dall'età e dal sesso: «La sua componente etica - spiegano - prevede l'accettazione del combattimento solo quando non vi è altra soluzione, per salvaguardare la nostra incolumità. Il primo obiettivo è riuscire a mettere in difficoltà l'aggressore e scappare, con un effetto sorpresa». Il metodo globale si articola su 3 livelli (il terzo, per intenderci, è quello che viene insegnato agli agenti penitenziari), «calci e pugni, la parte più offensiva, arrivano solo al 2º livello», puntualizza Gozzer, «ma non è detto che in un corso di autodifesa per le donne ci si debba arrivare».

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