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Tagli all’assistenza a casa e crollano le domande

La Provincia ha introdotto l’Icef per risparmiare 2,7 milioni di euro Ma adesso un’ora di assistenza domiciliare può arrivare a costare 18 euro


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. La scure dei tagli ha colpito anche là dove forse non era il caso di tagliare. Per risparmiare 2 milioni e 732 mila euro la Provincia con una delibera del marzo scorso, entrata in vigore in luglio, ha introdotto l’Icef anche per l’assistenza domiciliare per le persone non autosufficienti.

Si tratta dei due programmi, denominati Sad e Adi, che permettono un’assistenza domiciliare a tutto tondo. La delibera del marzo scorso ha introdotto il principio della compartecipazione da parte dell’assistito in base all’Icef. Si va da un minimo di 2 euro a un massimo di 18 euro all’ora per i servizi prestati in genere da cooperative convenzionate con le Comunità di valle e i comuni di Trento e Rovereto oppure da dipendenti. L’assistenza domiciliare consiste in servizi alla persona non autosufficiente prestati da operatori socio assistenziale. Questi servizi vanno dalla pulizia personale, all’accompagnamento all’esterno fino alla spesa e ai pasti a domicilio.

I servizi vengono prestati secondo un programma che viene concordato con i responsabili della cooperativa. La Provincia in marzo ha deciso di far pagare in base all’Icef. Si tratta di un sistema sperimentale della durata di 18 mesi. L’obiettivo è quello di incassare 2 milioni e 732 mila euro in più rispetto a prima, quando i servizi di assistenza domiciliare venivano pagati non in base all’Icef, ma con una quota uguale per tutti. Questo, però, ha portato a un calo netto delle domande di servizi. In precedenza, gli utenti in tutto il Trentino erano 5.200, ma secondo quanto risulta ai sindacati l’introduzione dell’Icef ha fatto crollare anche del 30 per cento le domande di assistenza domiciliare.

Per il momento i dati si riferiscono ad alcune singole comunità di valle perché la Provincia non ha ancora tutti i dati, ma i sindacati sono preoccupati. Per questo Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto unitariamente all’assessore al Welfare Luca Zeni di anticipare il primo step di verifica della sperimentazione. La delibera prevede una prima verifica a gennaio, ma per i sindacati forse è il caso di anticipare i tempi per vedere se le soglie di Icef introdotte sono eccessive.

Al momento, chi ha un parametro Icef superiore allo 0,40 si deve accollare la quota massima di compartecipazione, ovvero 18 euro all’ora per l’aiuto domiciliare, 10 euro per il servizio pasti a domicilio, 3 euro per la consegna pasti a domicilio e 1 euro per il telesoccorso. Deve partecipare anche chi ha un parametro Icef basso. In particolare, chi ha una Icef inferiore alla soglia di povertà, ovvero lo 0,13, è previsto che paghi 2 euro per l’aiuto domiciliare, 4 euro per il servizio pasti a domicilio e 0,50 euro per la consegna dei pasti. Comunque per chi resta sotto lo 0,13 è prevista una spesa massima mensile di 20 euro.

Per i parametri Icef intermedi viene prevista un’aliquota di compartecipazione alle spese progressiva. Al di là dei tecnicismi, però, balza all’occhio che per chi ha un’Icef alta il prezzo del servizio diventa molto oneroso. Con il vecchio sistema l’aiuto domiciliare ad esempio costava da 0 a 16,86 euro e i pasti da 2,76 a 7.91 euro. Adesso, invece, si arriva a costi paragonabili a quelli che si potrebbero sostenere sul mercato privato. Per questo in molti hanno iniziato a fare due conti e non hanno più fatto la domanda di assistenza domiciliare. C’è anche chi ha deciso di fare da sé. Ma in questo modo a pagare sono le persone non autosufficienti che, per forza di cose, ricevono un’assistenza inferiore rispetto a prima.













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