Sul consiglio a 20 scontro con Monti

È rebus di interpretazioni sul decreto del governo Dorigatti: «Esecutivo centralista, intervento a gamba tesa»


di Chiara Bert


TRENTO. Un consiglio provinciale che da 35 consiglieri cala a 20. Indennità dei consiglieri e degli assessori adeguate a quelle della regione oggi più virtuosa (che sarà individuata entro il 30 ottobre), partecipazione gratuita alle commissioni (oggi c’è un rimborso), stangata sui fondi ai gruppi consiliari (ridotti della metà dell’importo riconosciuto dalla regione più virtuosa (anche questa da individuare), trasparenza totale dei finanziamenti ai gruppi, riduzione dei compensi agli amministratori delle società. Ecco in sintesi il decreto con cui il governo vuole tagliare i costi della politica delle Regioni.

Un testo, quello approvato giovedì dall’esecutivo dei tecnici, che ieri ha mandato in fibrillazione la politica trentina, in una giornata convulsa trascorsa negli uffici con i funzionari, a cercare di interpretare articoli e commi, provando a pesarne l’impatto sull’autonomia provinciale. Non sembrano esserci dubbi sull’articolo che riguarda il nuovo ruolo della Corte dei conti: Trento e Bolzano hanno 6 mesi di tempo per adeguare i propri statuti.

I problemi interpretativi riguardano l’articolo 2, quello sulla riduzione dei costi della politica. A cominciare da quel drastico taglio dei consiglieri provinciali di Trento e Bolzano (da 35 a 20 per le Regioni fino a 1 milione di abitanti) e degli assessori (che scenderebbero a 4) già previsto dal decreto Tremonti dello scorso anno. Le Province autonome impugnarono la legge, la Corte Costituzionale ha dato loro ragione. Un anno, sulla scia degli scandali dopo il governo Monti rilancia quella norma. Il presidente della giunta Dellai annuncia battaglia: «Saremo i primi ad adeguarci su tutto il resto, tagli alle indennità, ai fondi dei gruppi, trasparenza, ma quel taglio al numero dei consiglieri sarebbe impensabile» Il presidente del consiglio Bruno Dorigatti, in una nota sfornata a fine mattinata critica il governo, «nuovamente entrato a gamba tesa nei confronti delle autonomie regionali, con un decreto che tradisce un’impostazione pesantemente centralista, umiliando il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali». Nel pomeriggio precisa: «Il riferimento era alla norma che imporrebbe una riduzione dei componenti del consiglio, già dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Per quanto riguarda tutti gli altri interventi di riduzione dei costi e di trasparenza, il consiglio si è già attivato e quanto aggiunto in termini migliorativi dal decreto del governo sarà puntualmente recepito. Il Trentino non ha alcuna intenzione di chiudersi rispetto a quanto avviene nel resto d’Italia». L’onorevole della Svp Karl Zeller ricorda che «il numero dei consiglieri è fissato nel Pacchetto e per modificarlo serve il via libera di Vienna», senza contare che per cambiare lo Statuto la modifica costituzionale impone un doppio passaggio e tre mesi tra una votazione e l’altra delle due Camere. Insomma non ci sarebbe il tempo, visto che tra qualche mese il parlamento sarà sciolto per le elezioni di primavera.

Per le Regioni ordinarie la sanzione per chi non si adegua ai tagli (a partire dai consiglieri) è chiarissima: taglio dell’80% dei trasferimenti e del 5% dei fondi alla sanità. E per Trento e Bolzano? Nel decreto si dice che per le Regioni speciali sarebbe bloccato il fondo perequativo. Ma Trento e Bolzano non vi hanno mai attinto e il tutto è superato dall’Accordo di Milano. Basterà?

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