Statuto, ddl in Senato Pd contro Rossi: va ritirato

Dorigatti: «Sgarbo senza pari, si fa a pezzi la Consulta. Ha senso proseguire?» Il governatore: «Era un percorso concordato». Zeni: «No, non era nei patti»


di Chiara Bert


TRENTO. Mentre la Consulta trentina per la riforma dello Statuto di autonomia ancora deve muovere i suoi primi passi, si apre uno scontro istituzionale sul disegno di legge costituzionale presentato dai senatori trentini e altoatesini della maggioranza - e concordato due settimane fa a Roma con i governatori Rossi e Kompatscher - che propone una revisione dello Statuto che punta ad aumentare le competenze di Trento e Bolzano trasformando una serie di competenze da concorrenti ad esclusive e trasferendo alle Province competenze ora in capo alla Regione, come da tempo chiede la Svp. In primis quella sugli enti locali che insieme a previdenza e minoranze è una delle poche rimaste a una Regione che si è via via svuotata.

Il disegno di legge - casualità - è stato presentato proprio il giorno in cui il consiglio provinciale, il 28 gennaio, votava l’istituzione della Consulta. Con le firme dei tre senatori trentini (Fravezzi, Panizza e Tonini) accanto a quelle degli altoatesini (Zeller, primo firmatario, Berger e Palermo) e all’insaputa del presidente del consiglio Bruno Dorigatti e - a quanto si apprende - dell’intero gruppo Pd. La reazione di Dorigatti ieri è stata al fulmicotone: «Una scelta irresponsabile, non condivisa sul piano istituzionale». Duro l’attacco a Ugo Rossi. «Uno sgarbo istituzionale senza pari e anche una pesante scorrettezza in termini di rapporti personali, il presidente della Provincia rischia così di maciullare la Consulta ancor prima che questa possa vedere la luce, assumendosi una responsabilità che porterà ad ulteriori inasprimenti del dibattito politico e della quale sarà chiamato a rispondere». «Indebolire il già fragile tessuto istituzionale e le sue ramificazioni, tramite l’assunzione di indicazioni in contrasto fra loro e che delegittimano le istituzioni, è un atto che fa scempio delle regole e dei rapporti, ma è soprattutto la testimonianza di una visione solitaria ed autoritaria della gestione dei processi politici; una visione che scava ancor di più il già profondo baratro fra cittadini ed istituzioni». Di qui la richiesta ai senatori, in primis a Giorgio Tonini (Pd), di ritirare la loro adesione al disegno di legge e promuovere una urgente riflessione dentro la maggioranza provinciale e regionale». E Dorigatti annuncia che si riserva di valutare il senso di proseguire i lavori di composizione della Consulta.

Da parte sua, Ugo Rossi si dice «stupito»: «Questo tema è stato già affrontato sia in incontri di maggioranza provinciale (ricordo anche di aver consegnato un documento che lo prevedeva come uno degli strumenti da adottare) e regionale, dove abbiamo da tempo concordato di far ritirare i precedenti ddl Zeller su cui il consiglio regionale doveva dare parere, deciso una mozione sul raccordo tra la Convenzione di Bolzano e la Consulta di Trento e nel contempo di aprire questa strada del ddl costituzionale». Più volte - prosegue il governatore - «ho avuto modo di ricordare come questo del ddl fosse uno dei modi, non unico e non ultimativo, per affrontare il tema. Il tema dell’autonomia richiede di essere affrontato in più direzioni sia dal punto di vista della sostanza che della strategia». Per Rossi la strategia è unica: «Saranno il percorso di Convenzione e Consulta e quello legislativo successivo a darci il quadro di una revisione completa e compiuta, ma dobbiamo anche saper mettere in cantiere altre iniziative per non perdere nessuna occasione, come abbiamo sempre saputo fare lavorando assieme Trento e Bolzano, province e delegazioni parlamentari. Mi auguro che tutti si ispirino al senso di unità che ci ha sempre dato buoni risultati».

Ma anche l’assessore Luca Zeni (Pd), che fece parte del gruppo dei saggi istituito due anni fa fra Trento e Bolzano, si schiera con Dorigatti: «Sapevamo di questa volontà di Rossi e Kompatscher ma non si capisce il senso di un ddl costituzionale mentre deve partire un processo di revisione a livello regionale. Come Pd ci eravamo detti che quando Rossi ne avesse parlato in giunta, avremmo detto di fermarci. Nel merito poi - aggiunge - è un ddl monco, è una cessione a quella politica del carciofo su cui punta l’Alto Adige per spogliare di competenze la Regione senza darle un nuovo ruolo».













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