«Sguardo lungo sulla mobilità in quota»

Il viceministro Nencini: «Luoghi dell’umanità, prima che dei residenti. Sì ai limiti, i territori possono già intervenire»


di Chiara Bert


TRENTO. «Il nostro è un tempo in cui serve una visione lunga. Le Dolomiti sono una fonte di ricchezza perché portano turismo, ma sono un bene che va tutelato per preservarlo, e gli amministratori locali hanno la possibilità di intervenire già oggi». Riccardo Nencini, di Barberino di Mugello (Firenze), segretario del Partito socialista e viceministro alle infrastrutture e ai trasporti del governo Renzi, sulle Dolomiti ci è appena stato in vacanza, tra Belluno e Cortina, con un’incursione in Alto Adige a Castel Presule, per un convegno in cui si è discusso di ferrovie locali e del progetto del treno delle Dolomiti per collegare Bolzano e Cortina passando per Passo Gardena e la val Badia.

Ministro Nencini, da turista e fruitore innanzitutto. Che impressione ha tratto delle Dolomiti in estate? Qual è la sua opinione sull’assedio dei passi?

C’è un tema della mobilità sostenibile, dolce, che riguarda sia le montagne che le città. Abbiamo sottoscritto il Protocollo sul clima di Parigi che ci impegna entro il 2040 a ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera. Stiamo lavorando a dei piani città, con progetti di smart city: più verde, meno inquinamento, una vita più leggera. Se trasferiamo questo principio in montagna, dobbiamo ricordarci che le Dolomiti sono un bene mondiale tutelato dall’Unesco e questo ci impone di metterci al passo. Sono naturalmente anche una grande fonte di ricchezza perché portano turismo, ma questo bene va conservato per evitare che subisca lesioni durevoli nel tempo. Parliamo di luoghi che appartengono all’umanità più che ai residenti, un pezzo della carta d’identità italiana nel mondo, come il centro storico della mia città.

Il dibattito sul nostro giornale ha messo a confronto tante opinioni: c’è chi è per la chiusura a fasce dei passi dolomitici, chi per i pedaggi, chi per l’introduzione di mezzi ecologici.

Bisogna distinguere le competenze. Il ministero ha quella sui limiti di velocità, e a questo proposito mi preme ricordare che presso la presidenza del consiglio è stato istituito un comitato tecnico che segue l’inquinamento sull’A22 e le zone circostanti: entro gennaio avremo i risultati e decideremo se abbassare i limiti, che per i mezzi pesanti sono già per altro bassi. Ma ai sindaci e ai prefetti spetta la competenza sulla circolazione stradale, e questo significa che ci sono azioni che si possono già mettere in campo a livello locale.

Quali per esempio?

Ci sono un ventaglio di possibilità che possono essere assunte. Penso ad alcune città che hanno limitato l’accesso dei grandi bus nei centri storici: nulla vieta che per alcune fasce o giornate possa essere bloccato l’accesso dei torpedoni sulle vette dolomitiche. Così come a livello di circolazione si può ragionare anche sull’accesso selettivo dei mezzi: oggi in Italia su 4,5 milioni di mezzi pesanti, abbiamo circa 630 mila euro 5 e 45 mila euro 6, con emissioni bassissime. E poi naturalmente ci sono le chiusure dei passi. È un tempo in cui serve una visione lunga: quando parliamo di ambiente e di paesaggio bisogna essere strabici, un occhio all’oggi e uno strategicamente al domani. È assolutamente obbligatorio trovare un equilibrio tra la ricchezza prodotta e la tutela del bene che produce quella ricchezza.

Al convegno a cui lei ha partecipato a Castel Presule avete parlato di ferrovie locali e di trenino delle Dolomiti. Quali sono le prospettive?

C’è stata un’impennata di finanziamenti sulle ferrovie locali, anche perché gli impegni assunti con l’Europa ci obbligano entro il 2030 a trasferire il 30% delle merci che trasportiamo su ferro, il 50% entro il 2050. Oggi siamo solo al 7%: 14 anni per le infrastrutture sono un tempo brevissimo, servono forti investimenti oggi. A settembre discuteremo anche del tratto Bolzano-Cortina: andranno valutati progetto e costi, ma il futuro è questo.

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