Sequestrate opere d'arte per cinque milioni

Evasione fiscale: la Finanza ha messo i sigilli a quadri e sculture del gallerista Paolo Dal Bosco


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Mentre la Guardia di Finanza stava svolgendo una verifica su di lui, avrebbe venduto beni immobili per un valore vicino al milione di euro per sottrarlo al fisco. Avrebbe anche fatto sparire una scultura di Salvador Dalì del valore di diverse centinaia di migliaia di euro. Per questo motivo il noto gallerista roveretano Paolo Dal Bosco si vede accusato di sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte, oltre che di frode fiscale per una presunta evasione da 14 milioni di euro. Da sottolineare che ancora si tratta di ipotesi. Nelle scorse settimane, la compagnia della Guardia di Finanza di Rovereto, che svolge le indagini su direzione del comandante provinciale colonnello Fabrizio Nieddu, ha anche sequestrato a Dal Bosco opere d’arte per un valore di circa 5 milioni di euro nelle case del gallerista a Rovereto e a Trinità d’Agultu in Sardegna. Nell’inchiesta sono coinvolte altre due persone, un facoltoso imprenditore trentino del ramo servizi e un autotrasportatore. Entrambi sono indagati solo per sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte in concorso con Dal Bosco. Infatti l’imprenditore avrebbe ora nella sua disponibilità la scultura di Dalì. Secondo l’accusa, avrebbe aiutato il gallerista a sottrarre al fisco la scultura. Le indagini sono coordinate dal pubblico ministero di Trento Davide Ognibene. Da mettere in evidenza che quelle dell’accusa sono solo accuse che vanno tutte dimostrate. L’avvocato di Dal Bosco, Marco Stefenelli, infatti respinge le accuse su tutta la linea e proclama l’innocenza del proprio assistito. Il condizionale, quindi, è d’obbligo.

I guai per Dal Bosco sono iniziati con una verifica della Finanza iniziata nel 2012. Le Fiamme Gialle hanno accertato, come si legge nell’articolo a parte, un’evasione presunta di 14 milioni di euro. Ora però, la sua posizione diventa più grave. Secondo l’accusa, ancora a verifica aperta, il gallerista allo scopo di sottrarre al fisco i suoi beni li avrebbe venduti. Sempre secondo l’accusa, Dal Bosco avrebbe ceduto 4 immobili e alcuni terreni, sia a Rovereto che nel veronese, a persone a lui vicine o conosciute. Le cessioni sarebbero avvenute a un prezzi scontati. In tutto avrebbe realizzato poco meno di un milione di euro. Le cessioni sono state effettuate presso un notaio di Trento (per questo è competente la Procura del capoluogo). Poi, già nei giorni immediatamente successivi, avrebbe versato l’incasso ad amici e parenti con bonifici bancari. La difesa sostiene che in queste cessioni non c’è nulla di strano, dal momento che Dal Bosco voleva solo vendere dei beni per sue necessità. Per la Finanza, invece, si trattava del tentativo di sottrarre al fisco i beni. Per questo la Finanza ha svolto altre indagini. Ha raccolto informazioni su un capitale fatto di opere d’arte messe insieme da Dal Bosco e conservate nelle case intestate alla moglie a Rovereto e in Sardegna. Tra queste opere ci sarebbe, anche questa è un’ipotesi, anche una scultura di notevole valore di Salvador Dalì che era in conto vendita presso una galleria toscana. La scultura sarebbe sparita subito dopo essere stata individuata dai finanzieri. Secondo le indagini della Finanza, il gallerista sarebbe stato aiutato da un trasportatore e da un suo facoltoso amico. Il trasportatore avrebbe portato la scultura a Trento e ora l’opera d’arte sarebbe nella disponibilità dell’imprenditore amico di Dal Bosco. In questo modo, il gallerista l’avrebbe sottratta alle eventuali pretese del fisco. Per questo motivo nelle scorse settimane la Finanza ha perquisito le case di Dal Bosco a Rovereto e in Sardegna. Qui sono state trovate opere d’arte per un valore di 5 milioni di euro. Opere d’arte che sono state sequestrate a garanzia dell’eventuale credito del fisco nei confronti di Dal Bosco. Adesso le indagini proseguono per cercare di stabilire se altre persone hanno aiutato il gallerista.













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