ISTRUZIONE

Scuola, sciopero contro la riforma Renzi

Domani la protesta nazionale: trentini a Milano. I sindacati: «Non va bloccata ma cambiata». Gli studenti sono divisi



TRENTO. Sciopero nazionale della scuola domani contro la riforma del governo Renzi, quella che il premier ha battezzato #labuonascuola ma che una gran parte di insegnanti, studenti e personale amministrativo invece contesta. Anche in Trentino, dove pure la competenza della Provincia mette al riparo da un’applicazione automatica della riforma, in molti istituti le elezioni saranno sospese e i dirigenti hanno avvisato le famiglie che sarà garantita solo la custodia dei bambini.

I sindacati compatti aderiscono alla mobilitazione e hanno organizzato un pullman con una cinquantina di insegnanti che parteciperà alla manifestazione di Milano. «Non vogliamo bloccare la riforma, ma modificarla in alcuni punti anche radicalmente», spiega Cinzia Mazzacca segretaria della Cgil scuola. Nel mirino il tema della stabilizzazione dei precari, che in Trentino è già stato in parte affrontato lo scorso anno: «C’è il problema di chi non è nelle graduatorie ad esaurimento - spiega Mazzacca - e ci allarma il fatto che la riforma, in aderenza alla sentenza della Corte europea, preveda contratti per 36 mesi e poi stop». Altra novità contestata sono i nuovi poteri assegnati ai dirigenti scolastici, «che potrebbero decidere tutto, dall’offerta formativa alla valutazione e all’assunzione dei docenti». Su questo come su altri nodi, la protesta ha già prodotto delle correzioni sottoforma di emendamenti al disegno di legge. Dal quale, accusano i sindacati, è stato totalmente escluso il personale Ata, che ha subito forti tagli nell’ultima Finanziaria e che è fondamentale per il buon funzionamento della scuola.

Ma la riforma non è tutta da buttare, «contiene anche novità importanti - ricorda la sindacalista Cgil - la stabilizzazione di 150 mila precari e l’organico funzionale che prevede un numero più abbondante di docenti assegnati alle scuole, non solo in base alle ore di insegnamento come avviene oggi, ma per realizzare progetti e garantire l’ampliamento dei piani di studio».

Dagli insegnanti agli studenti. Che non sembrano compatti nel giudizio. «Non ci sembra giusto schierarci su un provvedimento che è molto politico - spiega Benedetta Girardi, rappresentante del Liceo Prati - partecipare allo sciopero sta alla coscienza di ognuno». Ma proprio al Prati è circolato via mail un appello di studenti allo sciopero. Durissimo contro il disegno di legge, accusato di essere «un primo passo verso la privatizzazione della scuola sul modello americano». Le critiche: minor libertà per i professori di decidere programma ed attività; maggior potere decisionale ai presidi, «che ci conoscono decisamente meno dei prof, e sarebbero abilitati ad aumentare anche gli stipendi col rischio di "lecchinaggi»; iniquità perché si premiano insegnanti e se ne penalizzano altri in maniera troppo arbitraria; si fatica a mandare in pensione alcuni insegnanti ma si annuncia eliminazione del precariato; una scuola troppo avvicinata al lavoro, con il rischio che si annulli il valore del titolo di studio, e basata più su valutazioni che formazione; assunzione di 150 mila precari che abbasserà gli stipendi. «Gli studenti sono interessati a che la scuola funzioni oggi, per quanto riguarda la riforma ci sono margini per modificarla», osserva il preside del Da Vinci Alberto Tomasi. «Non vedo un dirigente che decide in maniera autarchica chi vale e chi no, la scuola è un’esperienza di tutti, senza la collegialità non si va da nessuna parte». Quanto al precariato, «è un problema dell’Italia, e richiederà passaggi dolorosi indipendentemente da chi governa». (ch.be.)













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