sanità 

S.Chiara, sfogo per le lunghe attese 

Il post del papà di una bimba di 9 anni scatena il dibattito su Facebook



TRENTO. . Il racconto della disavventura vissuta dalla figlia quattordicenne al Pronto Soccorso che Paolo Buccella ha fatto sul suo profilo facebook, ha scatenato una serie di testimonianze di un servizio che pare decisamente in sofferenza. Il suo racconto: “Venerdì mia figlia giocando a pallavolo a scuola si infortuna ad un dito e come spesso fanno a quell’età, non dice nulla. Resiste fino a sabato quando il male si fa più forte e la portiamo al Pronto Soccorso dove arriviamo alle 17,15. Le viene assegnata la seconda posizione in codice verde e inizia l’attesa. Alle 20 mia moglie si lamenta con l’infermiera dell’accettazione per sentirsi dire che c’erano dei casi più gravi e che si doveva avere pazienza. A mezzanotte e mezza mia moglie si è stufata ed è venuta via. Domenica mattina siamo andati a Borgo dove mia figlia è stata visitata alle 9 e dimessa a mezzogiorno”. A quel punto Paolo Buccella si trasforma in un fiume di rabbia e di domande - “mi chiedo come si possa lasciare un minore di quell’età in mezzo ad ammalati dei quali nulla si sa sulla diagnosi, ma anche tossici e ubriachi, oltre a gente che utilizza il Pronto Soccorso per stare al caldo e dormire per otto ore d’attesa, senza cure “- e si foga con un post su Facebook.

È come dar fuoco alla miccia e piovono testimonianze anche in diretta. C.V.: “Ti capisco oggi sto facendo l'ennesima attesa con mio padre. Sono già due ore di attesa non so quante altre dovrò attendere ancora”. P.F: “Hai ragione a non mollare Paolo ma loro trovano sempre una giustificazione, al limite ti chiedono scusa ...lo so' perché anni fa mi è successa una cosa analoga quando mia figlia era stata investita”. Francesca racconta di due episodi che l’hanno coinvolta direttamente. Il primo riguarda la mamma di 88 anni che al supermercato è stata colta da un ictus di media gravità: “Ha perso l’uso della parola, ma non la conoscenza e siamo stati noi ad accompagnarla al Pronto Soccorso. È stata messa per quattro ore sulla sedia a rotelle, ovviamente in codice verde, prima di essere presa in cura”. Perché - dice - “ovviamente in codice verde? I dati reali non li possiamo conoscere, però è impossibile che il codice verde sia quello più utilizzato. Stranamente con quello bianco è a pagamento del ticket e pensare male direi che sia lecito. Poi non tutti i codici verdi sono uguali. Perché se lo assegnano a un tossico, nomade o genericamente una persona strana, questa passano davanti a tutti per evitare problemi. Esperienza provata”. Il secondo episodio? “ Mia figlia al settimo mese di gravidanza a 37 anni, perde temporaneamente l’uso della parola. Dopo l’attesa di alcune ore ci mandano in ginecologia, tralasciando di scrivere nel certificato che era incinta. Anche qui un paio d’ore d’attesa per scoprire che avevano sbagliato reparto: si doveva andare in neurologia, ma non c’è passaggio diretto ma si deve tornare al Pronto Soccorso e rifare la fila”.

(d.p.)













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