dramma a susà

Pergine: morto da 10 mesi, aperta un’inchiesta

Autopsia ordinata dalla procura. Il padre di Dario Celio: «Non lo sentivamo da un anno, pensavamo non volesse parlarci»


di Roberto Gerola


TRENTO. Una serie di accertamenti medici e tecnici sono stati ordinati dalla procura per cercare di fare luce sulla morte di Dario Celio, il 39enne veneziano trovato morto nella casa che aveva affittato a Susà di Pergine. Un decesso che risale a diversi mesi fa. Forse addirittura a dieci e per avere delle certezze anche in questo senso si aspettano i risultati dell’autopsia.

Ma non solo. È stata decisa una tac totale sul cadavere dell’uomo, esame che potrà escludere che il decesso sia riconducibile ad un atto di violenza. Dagli accertamenti compiuti fino ad ora dai carabinieri sembra infatti che la morte del veneziano sia stata naturale, ma la tac dovrebbe togliere ogni dubbio. Come arriveranno delle certezze dall’esame del dna che sarà eseguito dai Ris di Parma grazie ad un prelievo dal osso femorale del cadavere che sarà confrontato con il dna dei genitori.

I genitori da tre anni non avevano alcun tipo di rapporto - così pare - con il figlio. E indicazioni in questo senso potranno arrivare anche dalle analisi che saranno fatte sul cellulare trovato nella casa e sui tabulati. Che dovrebbero anche permettere di ricostruire la rete dei rapporti dell’uomo. Insomma la volontà della procura è quella di chiarire ogni dubbio sulla morte del 39enne.

Una morte solitaria che lascia tanta amarezza. L’ultimo «atto» formale di Celio risale al 15 febbraio quando ha firmato la ricevuta di una raccomandata. Poi basta. Nessuno pare lo ha più incontrato, nessuno si è preoccupato per la posta che si accumulava davanti alla porta della casa al primo piano della vecchia casa.

Il giorno dopo la macabra scoperta, a Susà in molti si chiedono ancora chi fosse quel giovane nemmeno quarantenne morto così in solitudine. Dario Celio, 39 anni, di Cavarzere nell’entroterra veneziano, è stato trovato martedì mattina morto nel suo letto. Il suo cadavere era in avanzato stato di decomposizione, l’appartamento impregnato di un odore nauseabondo. La sua morte si fa risalire a dieci mesi fa. Senza amici, senza parenti, di professione infermiere oss, (dopo un passato come guardia giurata) era senza lavoro da tempo e non pagava né affitto né bollette. È stato trovato solo perché gli stavano notificando il provvedimento si sfratto. Uno sconosciuto per la maggior parte dei residenti a Susà anche se viveva nella centrale piazza San Floriano.

Solo alcuni vicini di casa l’avevano intravisto qualche volta, scambiando un breve saluto, ma nulla più. Non parlava con nessuno, non si confidava, nonostante i molti problemi che evidentemente aveva. «Un vicino di casa che non disturbava certo, ci hanno detto, anche perché sembrava non ci fosse mai». Quando hanno visto la foto sul giornale, allora qualcuno si è ricordato d’averlo visto. Men che meno a Pergine era conosciuto. Abitava in centro in piazza San Floriano davanti alla chiesa, L’auto l’aveva tuttavia parcheggiata all’inizio del’abitato, nel piazzale del magazzino frutta della Coop Sant’Orsola, vicino ai cassonetti dei rifiuti. Una Opel Corsa nera con la targa anteriore infilata sotto il tergicristallo del parabrezza. Forse caduta col tempo, è stata appoggiata al vetro da qualcuno. L’assicurazione scaduta settembre scorso. Ma chissà da quanto tempo l’auto era lì ferma. Un residente ci ha parlato di almeno un anno.

Intanto, la salma in un primo momento portata al cimitero di Pergine, è stata trasferita a Trento per procedere all’esame autoptico, al fine di conoscere le cause della morte, e soprattutto stabilirne con certezza l’identità. Il cadavere ritrovato era solo di resti che non permettevano il riconoscimento ufficiale. Poi, la salma sarà riconsegnata ai genitori, per altro avvertiti ancora martedì della tragica fine del loro figlio.

Intanto da Cavarzere è il padre di Dario Celio a parlare: «L'avevamo visto, l'ultima volta, un anno e mezzo fa. Era venuto a trovarci insieme a una ragazza, collega di lavoro e fidanzata. Sembrava felice e diceva di star bene. Poi non siamo più riusciti a parlargli» - spiega addolorato Bruno Celio. «Dopo quella visita a casa - continua Bruno - abbiamo provato a telefonargli diverse volte, ma lui non rispondeva. Gli abbiamo anche scritto delle lettere, ma sono tornate indietro. Abbiamo pensato che non volesse parlare con noi. Che, forse, quella nuova ragazza calabrese che aveva conosciuto lo volesse tutto per sé. Dario è sempre stato inquieto: voleva fare cose nuove, essere autosufficiente anche economicamente». Da ragazzo aveva fatto tre stagioni in Val Gardena, come aiuto cuoco, poi aveva lavorato come guardia giurata.













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