pubblico impiego

Pausa caffè, la stretta della Provincia

L’ordine a 3.900 dipendenti: «Massimo 15 minuti con l’obbligo di timbrare il cartellino». I sindacati: «Non risultano abusi»


di Andrea Selva


TRENTO. La premessa è d’obbligo: la pausa (non solo quella per il caffè) è un diritto dei lavoratori, l’importante è non esagerare, come l’agente di polizia di Trento che tre anni fa fece notizia per una pausa cominciata di buon mattino, subito dopo l’inizio del lavoro, definita “indecorosa” dai giudici del Tar. E ora fa notizia la “stretta” sulla pausa caffè decisa dalla Provincia autonoma di Trento, che ha richiamato all’ordine i 3.900 dipendenti pubblici tenuti a timbrare il cartellino, con la raccomandazione di rispettare le regole vigenti, in attesa che - con il rinnovo del contratto - arrivi la linea dura contro i furbetti anche in Trentino.

Dal dipartimento del personale della Provincia arriva una presa di posizione: «Siamo intervenuti in seguito alle disposizioni nazionali, particolarmente severe contro chi viola l’orario di lavoro e le procedure di timbratura dei cartellini». Par di capire che ci siano anche esigenze di sicurezza: la Provincia non vuole essere responsabile per i dipendenti che non si trovano (come dovrebbero) al posto di lavoro. Comunque la lettera inviata dal dirigente generale Luca Comper il 24 giugno scorso (che ha effetto a partire dal 1° luglio) parla chiaro: «E’ noto che da sempre tutti i dipendenti devono adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e non assentarsi dal luogo di lavoro senza previa autorizzazione del proprio responsabile. Di conseguenza si ricorda che occorre utilizzare il cartellino per la rilevazione delle presenze per tutte le uscite e le entrate dalla sede di lavoro, siano esse dovute a motivi di servizio (missione, prestazione fuori sede, eccetera), a motivazioni personali (visite mediche, ore di recupero o altro) oppure alla pausa giornaliera». Pausa che - come ricorda il dirigente provinciale - può essere al massimo di 15 minuti.

Apriti cielo. Ci sono i dipendenti di sedi dove non è presente un bar che fanno sapere che in 15 minuti non è possibile raggiungere un esercizio pubblico e tornare in tempo per timbrare il cartellino. Ci sono i dipendenti modello (almeno così dichiarano) che protestano perché con la pausa cronometrata, loro che di pause ne fanno davvero poche, rischiano di pagare cari anche due minuti di ritardo. E poi ci sono i sindacati a ricordare che questa è una misura inutile e inopportuna:06 «Molti dipendenti si sono sentiti offesi e umiliati per un richiamo che non ha ragione di essere visto che non risultano abusi della pausa giornaliera» spiega Stefano Galvagni, della funzione pubblica della Cgil.

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Anche gli uffici provinciali mettono le mani avanti: «Non si tratta di un intervento in seguito a un malcostume dilagante». Di certo questo è solo il primo passo, visto che la giunta provinciale ha già dato indicazione all’Apran (l’agenzia provinciale per la contrattazione06) di recepire la linea dura stabilita a livello nazionale nel prossimo contratto provinciale.

L’altra cosa certa è che la pausa caffè dei dipendenti provinciali ora sarà più complicata con la possibilità, soprattutto, di essere monitorata: il dipendente infatti dovrà passare il cartellino, digitando prima il tasto 9 per contrassegnare l’assenza come “pausa”. Ne soffriranno i bar esterni, con grande fortuna dei gestori dei distributori automatici (il cartellino va timbrato infatti solo da chi lascia l’edificio). E se la pausa diventa “lunga”? Scatta il permesso di un’ora.

Le regole (giustificazione, autorizzazione e rispetto dei tempi) valgono per tutti, anche se i lavoratori impegnati in luoghi dove non esiste la macchinetta per il cartellino non avranno l’obbligo di timbrare.

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