Ospedali, maggioranza ai ferri corti

L’Upt chiede una verifica: «Basta progetti calati dall’alto». Olivi: «Una delibera approvata non si rimette in discussione»


di Chiara Bert


TRENTO. Giunta e maggioranza di nuovo ai ferri corti sulla sanità. All’origine della fibrillazione la riorganizzazione degli ospedali periferici, che da mesi infiamma la politica provinciale e i territori e che nelle ultime settimane ha visto un’accelerazione con una serie di provvedimenti decisi dall’Azienda sanitaria. Nell’ordine: i tagli al pronto soccorso dell’ospedale di Borgo, poi rientrati, e la chiusura del reparto di chirurgia degli ospedali di Tione e Cavalese durante le ore notturne - dalle 20.00 alle 8.00 del mattino - e durante i fine settimana (week surgery), con i pazienti dirottati a Trento e Rovereto. Sindaci e opposizioni sono subito scesi sul piede di guerra, in consiglio è stata depositata una mozione del consigliere Claudio Civettini (Civica) che chiede di ritirare le deleghe all’assessora alla sanità Donata Borgonovo Re, che in questi giorni era in ferie.

Rientrerà domani e in giunta troverà un clima surriscaldato, anche se il presidente Ugo Rossi prova a gettare acqua sul fuoco: «Non c’è nessun caso politico» (vedi box).

La battaglia Upt. Assessori e consiglieri Upt - che con Borgonovo Re battagliano da inizio legislatura, in primis sui punti nascita - sono decisi a non mollare, dopo che lo scorso dicembre il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera era passato in giunta con il voto contrario dei due assessori Upt, Gilmozzi e Mellarini. «Non si capisce il senso, le ragioni, la logica di tali provvedimenti, se non quella economica», hanno attaccato nei giorni scorsi i consiglieri fassani Pietro De Godenz (Upt) e Giuseppe Detomas (Ual), «non si capirebbe altrimenti il motivo per cui assistiamo ad uno stillicidio di iniziative isolate, adottate senza una visione complessiva e di prospettiva, che riguardano essenzialmente il taglio di servizi negli ospedali periferici. È inaccettabile». Per l’assessore Mauro Gilmozzi, che è di Cavalese, «il caso è politico e va affrontato in maggioranza». E ribadisce il suo pensiero, ovvero che quella del piano Borgonovo Re è una strada sbagliata e non si possono smantellare i servizi nelle valli.

«Visione ideologica, siamo già in ritardo», aveva risposto a dicembre l’assessora alla sanità. Sei mesi dopo il nodo è ancora irrisolto.

Olivi: basta demagogia. Assente Borgonovo Re, per il Pd parla il vicepresidente della giunta Alessandro Olivi, che agli alleati manda un messaggio netto: «Se non hai votato una delibera questo non ti autorizza a mettere in discussione un piano di riorganizzazione che è stato approvato dalla giunta. La partita che Upt e Patt stanno giocando sugli ospedali non è corretta. Non si può aprire un focolaio ogni volta». «Su questo tema - dice - sta montando molta demagogia, non si deve arretrare sotto una pressione di tipo rivendicativo». «Dobbiamo - avverte Olivi - stare attenti a far capire che questo non è un piano di tagli ma un disegno per tutelare la qualità e la sicurezza dei pazienti». Le preoccupazioni e le proteste nei territori hanno però visto in prima fila anche amministratori Pd, come nelle Giudicarie. Lo sa bene il vicepresidente che dice: «Non si può arretrare dai territori se non si è costruito un impianto in una logica di sussidiarietà pubblico-privato intelligente e non speculativa». Il riferimento è alle decisioni che la Provincia dovrà assumere per esempio sulla casa di cura L’Eremo di Arco: la questione è stata rinviata la scorsa settimana in consiglio provinciale, dove si discuteva una mozione di Walter Viola (Pt). «Io sono un fermo sostenitore della sanità pubblica - avverte Olivi - ma dovremo porci il problema se in qualche caso, come l’Eremo, qualche accreditamento in più garantisca un sistema a rete migliore, nel momento in cui riduciamo certi servizi ospedalieri».

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