SANITA'

Ospedale Santa Chiara, l’ultima frontiera della cardiochirurgia 

Un’equipe multidisciplinare sperimenta nuove tecniche contro la fibrillazione atriale In settembre i primi due interventi (riusciti) con l’assistenza di uno specialista venuto dal Belgio


ANDREA SELVA


TRENTO. Nuove frontiere della cardiochirurgia all’ospedale Santa Chiara, dove l’«Heart team» - un’equipe mista di cardiochirurghi e cardiologi - ha effettuato in settembre due nuovi interventi per la risoluzione della fibrillazione atriale, problema che affligge il 2 per cento della popolazione (si tratta dell’aritmia cardiaca più frequente) con una prevalenza nella fascia di età superiore ai 55 anni. per i medici dell’ospedale di Trento si tratta di un nuovo capitolo (con una nuova tecnica che garantisce maggiori risultati, anche dove altri tipi di intervento non sono stati risolutivi) dopo che già due anni fa era stata avviata l’attività in questa direzione.

«L’obiettivo è quello di dare una risposta a pazienti che hanno gravi sofferenze, con il rischio di ischemie per la formazione di trombi quando il sangue ristagna all’interno del muscolo cardiaco» spiegano il cardiochirurgo Stefano Branzoli e il cardiologo Massimiliano Marini, che in settembre hanno operato con successo i primi due pazienti (un uomo e una donna, entrambi fra i 60 e i 70 anni) assieme all’anestesista Claudio Pomarolli, nell’ambito di un progetto che coinvolge tre reparti guidati dai primari Graffigna, Bonmassari e Penzo. con loro in sala operatoria in quell’occasione c’era anche lo specialista belga Mark La Meir, padre di questa tecnica, giunto a trento per seguire l’attività dei medici trentini.

Un progetto che coinvolge anche i cardiologi Fabrizio Guarracini, Alessio Coser, Giovanni D’Onghia e Silvia Quintarelli assieme a Carlo Pederzolli (cardiochirurgo) e Maurizio Centonze (radiologo).

Se negli anni novanta la soluzione alla fibrillazione atriale passava attraverso interventi che prevedevano l’apertura della cassa toracica (interventi che non possono essere affrontati da tutti i pazienti e che comunque hanno tempi di ripresa molto lunghi) in seguito sono state sviluppate tecniche per raggiungere il cuore con micro-strumenti attraverso l’apparato circolatorio (in particolare passando all’interno della vena femorale) fino alla tecnica attuale che prevede un nuovo intervento sul muscolo cardiaco, praticato attraverso tre accessi all’interno della cassa toracica, della larghezza di pochi millimetri, che consentono il passaggio della telecamera e degli strumenti.

«L’intervento dura circa 2 ore e mezza - spiegano Branzoli e Marini - e richiede un grande affiatamento dei medici che lavorano assieme in sala operatoria. ma è fondamentale anche la scelta dei pazienti candidati a questo intervento che - vogliono chiarire i due medici per non alimentare false aspettative - non è adatto per tutti».

La tecnica - chiamata “ablazione ibrida epicardica totalmente toracoscopica” - è stata presentata dall’equipe trentina anche a Parigi nell’ambito di un congresso internazionale e l’ospedale santa chiara è uno dei pochi in europa dove viene praticata,













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