Occhialini 3D, cinema trentini fuorilegge

Indagine del Codacons. «I gestori trentini non li sterilizzano»


Giuliano Lott


ROVERETO. Sono caduti dalle nuvole, come se quella domanda non l'avessero mai considerata, i gestori delle sale cinematografiche roveretani e trentini. No, gli occhialini per la visione dei film in 3D non li hanno mai messi a sterilizzare in autoclave. Eppure è una delle procedure previste dalle normative europee per evitare il contatto con germi e virus. Ma anche con altre fonti di contagio provenienti da oggetti adibiti a uso promiscuo, com'è il caso degli occhialini resi popolari dal boom di Avatar e delle altre pellicole proiettate con la tecnologia per la visione tridimensionale. L'indagine è condotta dall'ufficio regionale del Codacons, che ha sede a Rovereto in via Santa Maria, e il risultato del primo screening dell'associazione consumatori non è affatto incoraggiante: nessuno dei gestori finora contattati ha in uso il benchè minimo sistema per la sterilizzazione degli occhialini. I quali vengono a contatto con l'epidermide e con le secrezioni lacrimali, tra i più potenti veicoli di contagio in caso di epidemie influenzali o pandemie. La direttiva europea tiene conto proprio di questi aspetti, prescrivendo la sterilizzazione dopo ogni utilizzo, pena il rischio di esporsi a richieste di risarcimento da parte degli eventuali contagiati. Com'è intuibile, la procedura per eliminare ogni rischio di epidemia è complessa e costosa. Assomiglia neanche poco a quella che si applica alle attrezzature in uso negli studi dentistici, dove infatti l'utilizzo di sterilizzatrici e autoclave è entrato nella prassi con gli anni. Gli occhialini sono stati fin qui considerati come un fenomeno di costume, l'elemento più vistoso di un'innovazione delle abitudini, almeno per gli amanti del cinema. Non certo come possibile fonte di contagio, semmai averli disponibili al pubblico, era valutata come una facility a disposizione della clientela.













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