Mister Arrigo Sacchi incanta il pubblico

cles. Non si viene considerati per caso fra i migliori – se non il migliore – allenatori della storia. Non si plasma una squadra capace di dominare in Italia, ma soprattutto in Europa e nel mondo, se...


Fabrizio Brida


cles. Non si viene considerati per caso fra i migliori – se non il migliore – allenatori della storia. Non si plasma una squadra capace di dominare in Italia, ma soprattutto in Europa e nel mondo, se non si possiede un’intelligenza, calcistica ma non solo, fuori dal comune. Non si guidano la Nazionale e una Nazione intera a un soffio dall’apoteosi senza delle doti che vanno al di là del concepibile. Eppure lui sostiene di aver fatto delle cose normalissime. «Averle fatte in un Paese anormale forse le rende straordinarie». Questo è Arrigo Sacchi. Il maestro, lo stratega, il rivoluzionario. L’inventore e il cultore del calcio totale. Sacchi, sabato sera, ha incantato l’auditorium di Cles, in occasione del convegno “I love sport” organizzato dalla Cassa Rurale Val di Non.

Dopo il saluti iniziali del presidente della Rurale Silvio Mucchi e del direttore Massimo Pinamonti, che hanno sottolineato il valore dello sport e come la banca da sempre sia vicina e sostenga le attività sportive, Sacchi è salito sul palco accolto da un folto pubblico che a fatica ha interrotto gli applausi. Per un paio d’ore l’allenatore del Milan più forte di sempre, incalzato dal giornalista di Sky Paolo Ghisoni, ha parlato di sport, di cultura, di storia. «Il calcio è lo specchio della vita e della storia di un paese – ha esordito Sacchi –. Il nostro è un Paese pauroso, che cerca di prendere delle scorciatoie. Si pensa che le conoscenze siano più utili della conoscenza. Abbiamo allenatori molto tattici, furbi, che aspettano l’opportunità che ti concede l’avversario». L’idea di calcio di Sacchi è naturalmente diversa. «In Italia si è sempre pensato solo a vincere, invece che a vincere con merito. Io credo che una vittoria senza merito non sia una vittoria». «Prima di arrivare al Milan - ha proseguito - avevo sempre allenato squadre che puntavano alla salvezza. Io rilanciavo: e se invece arrivassimo nelle prime quattro? Così successe. Poi arrivò Berlusconi e mi disse: dobbiamo diventare la squadra più forte al mondo».

Tanti gli argomenti toccati durante l’incontro. Dagli ultras ai giovani talenti del calcio italiano, dalla gavetta al suo libro “La Coppa degli immortali”, fino a Van Basten e al suo Milan: «Un collettivo straordinario, in continua evoluzione, in un paese statico. Era una squadra di persone per bene prima di grandi calciatori. Avevo un unico credo: fare di più e meglio. Insieme abbiamo lavorato molto e questo ci ha portato a scrivere la storia del calcio». Sacchi non crede però di essere un rivoluzionario: «Ho fatto le cose più normali del mondo: ho cercato il divertimento, lo spettacolo, la cultura». «Sei stato uno stratega rivoluzionario, in un Paese anormale» ribatte Ghisoni. Sacchi però non gliela dà vinta del tutto: «Mi sono impegnato al massimo, quello sì».













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