Madonna di Bés, a 50 anni dall’impresa le foto in rete

Storo, il racconto degli amici che realizzarono la statua alta 10 metri e in una notte la issarono sulla roccia prima con una slitta, poi con la teleferica


di Stefano Poletti


STORO. I 50 anni della Madonna di Bés saranno festeggiati il 23 giugno. Ma la ricorrenza, che cadeva esattamente il 5 maggio, è ricordata su Facebook. La statua della Madonna in cemento armato, collocata sul Campanil de Bés, un pinnacolo delle rocce della Manganèla che sovrastano il centro abitato di Storo, al margine del terrazzo alle pendici della Rocca Pagana, fu collocata infatti cinquant’anni fa da un gruppo di giovani volonterosi.

«L’idea - ha raccontato Tommaso Beltramolli Margì, scomparso pochi mesi fa - nacque quando entrai nella bottega da falegname dell’amico Tranquillo de Bianco e vidi un quadro del Cristo di Rio de Janeiro». «Lo facciamo anche noi», si dissero i due amici confermando la tipica voglia di fare e stupire degli storesi, ben sintetizzata dal soprannome “coquàdar” (teste caparbie). «Facciamo una statua e la collochiamo sulle rocce che stanno sopra le nostre teste: un Cristo con le braccia spalancate proteggerà il paese».

Alla brillante idea si accompagnano subito i primi problemi, ricorda Gianni Cortella che ha saputo raccogliere le testimonianze di allora in un’intervista di qualche tempo fa allo stesso Beltramolli: per essere visibile dall’abitato la statua doveva essere alta almeno dieci metri, ma da lontano sarebbe sembrata una croce. Si ripiega allora sull’immagine della Vergine, una statua in cemento armato di 8 quintali: 2 di ferro, 3 di cemento e altrettanti di sabbia. Nel laboratorio improvvisato della stalla di Tranquillo si danno appuntamento l’ideatore Tommaso col fratello Erminio, Franchino Sapes, Erminio Scarpolì, il maresciallo Centorrino e alcuni amici del gruppo “Faserno neve”. Il grosso del lavoro deve essere concentrato in una sola notte. Tommaso modella il corpo, Erminio e il maresciallo il volto. Per alleggerire il peso del manufatto si introducono all’interno del tronco fusti essiccati di granoturco, mentre dentro il volto e le braccia si sistemano pagine e pagine del giornale “Famiglia Cristiana”.

Il Bèpi dal Marì col suo trattore porta la statua fino ai prati de Bés, dove il capolavoro viene trascinato su una slitta fino al ripiano sovrastante le rocce. Subentra poi la perizia del Ceschino Cassinelli, che pianta una teleferica per calare la Madonna sulla cima della guglia e ancorarla alla base in calcestruzzo. L’opera è completata il 5 maggio del 1963 e benedetta dal giovane cappellano don Ezio Marinconz, come ben documentato dalla ricchissima galleria fotografica che Givanni Zontini Monfrì ha reso disponibile in internet aprendo una pagina Facebook.













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