Licenziata per tumore, esplode la polemica: "Leso il diritto alla vita"

Sara Janet Domenech, banconiera di un supermercato a Borgo Sacco, aveva superato i 180 giorni di malattia. L’azienda non si smuove: «Provvedimento legittimo». La donna si è affidata ai sindacati: «Voglio il mio posto, non hanno sentito ragioni». Ezio Casagrande (Filcam Cgil): «Scelta cinica e moralmente scandalosa dell’azienda»



ROVERETO. Licenziata perché ha sforato il tetto massimo di giorni consecutivi di malattia, nell'arco di un anno. Non per un raffreddore. Per un problema serio, che obbliga la signora a frequentare il reparto di oncologia e radioterapia. Ora la banconiera del supermercato Vivo, in piazza Manifattura, a Borgo Sacco, ha deciso di opporsi al licenziamento, ricorrendo al sindacato. Perché lo ritiene ingiusto. Ma l'azienda non si smuove: «Provvedimento legittimo». La signora ora ha deciso di rendere nota la sua vicenda, per evitare nuove e future discriminazioni.

Lei ha 54 anni, si chiama Sara Janet Domenech, è nata in Uruguay, «ma oggi sono italianissima» dice, vive a Rovereto, ha sette anni sulle spalle di contratto a tempo indeterminato (data di assunzione 9 giugno 2003) come commessa/banconiera al supermercato Vivo di Borgo Sacco (di proprietà della Brendolan alimentari srl), poche assenze per malattia e un monte ferie e permessi cospicuo. Il 2010 non lo ricorderà come un anno felice. A poca distanza fra loro, ha ricevuto due brutte notizie. La prima: tremenda. I medici la mettono di fronte ad un problema di salute. Serio. Anzi, molto serio. Per vincere la sua malattia, le dicono gli oncologi, servono chemioterapia e radioterapia. A cicli. Ogni due-tre settimane. La terapia è debilitante, ti sfibra. A livello fisico, ma soprattutto mentale.

La signora è costretta ad assentarsi dal lavoro. Per lottare e vincere, per la sua vita. Ma sfora i 180 giorni consecutivi - in un anno solare - di giorni d'assenza per malattia. La seconda è la più dolorosa. Il licenziamento da parte della Brendolan Alimentari srl. «Un atteggiamento esecrabile», grida oggi la Cgil, alla quale la signora Domenech si è rivolta. Questo licenziamento, «inappuntabile sotto il profilo contrattuale, è una scelta cinica, moralmente scandalosa dell'azienda. Anche nel Trentino, benestante e ricco come ripete il presidente Dellai, si assiste al degrado nei rapporti fra padrone e lavoratori», ringhia nella sala Leoni Ezio Casagrande, segretario Filcams. «Qui è stato leso il diritto alla vita e al lavoro - rincalza Luigi Bozzato, della segreteria Filcams - ho fatto una decina di telefonate in azienda. Per niente». «I profitti dell'azienda non tengono conto della malattia», ancora Casagrande.
Gli occhi azzurri della signora Domenech guizzano, mentre racconta la sua vicenda personale. «Io ci sono rimasta male, perché voglio riavere il mio posto di lavoro - racconta - ci tengo a portare in pubblico la mia storia, perché non voglio che succedano altre situazioni simili. Non è giusto». L'apertura di quella raccomandata, il 5 agosto scorso, le ha fatto crollare il mondo addosso. «Lo sapevano tutti, in negozio e anche i clienti, quello che stavo passando - racconta ancora - invece mi hanno licenziato senza sentire le mie ragioni». Ha cercato anche di poter utilizzare il monte ferie e permessi maturati in passato (47 giorni e 300 ore di permessi). Non c'è stato verso. Decisione irrevocabile.
La signora Domenech ora si è affidata al sindacato (è tesserata Filcam Cgil) e ha deciso di opporsi al licenziamento. Il 12 ottobre, al servizio lavoro in Provincia, sarà discussa la sua causa. L'azienda, forte delle disposizioni del contratto nazionale, non si smuove: «Piena legittimità del provvedimento».

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