La rimpatriata dei Conti d’Arco

Ben 75 i membri della nobile famiglia che ieri si sono riuniti nella città da cui hanno preso il nome



ARCO. I nobili che per mille anni hanno segnato la storia di Arco sono tornati per ristabilire un rapporto interrotto ormai da più di un secolo. Ora sul libro d’oro degli ospiti illustri della città ci sono le firme di Riprand conte d’Arco - Zinneberg e della consorte, Sua Altezza Imperiale e Reale Maria Beatrice contessa d’Arco - Zinneberg; inoltre di Ludmilla contessa d’Arco - Valley e ancora, per il ramo d’Arco-Zinneberg, delle contesse Monika e Anna Teresa e dei conti Andreas, Ulrich e Clemens. Ma erano ben 75 i partecipanti alla storica rimpatriata della famiglia nobiliare, oggi suddivisa nei due rami d’Arco - Zinneberg e d’Arco - Valley, che ieri si sono ritrovati ad Arco. A riunirli in occasione del suo 75° compleanno è stata Ludmilla, che al difficile progetto ha dedicato un intero anno. L’ha sostenuta con entusiasmo l’amministrazione comunale, in virtù del profondo legame che unisce ancora oggi la città alla famiglia che ne ha preso il nome. «Noi siamo di Arco – ha detto il conte Riprand in piazza Tre Novembre, durante il saluto delle autorità al folto pubblico – e non siamo tornati perché non siamo mai andati via. Non abbiamo dimenticato mille anni di storia; la nostra identità, fatta di sangue, cuore e tradizione, è arcense. Salute Arco!».

La giornata è iniziata con la Messa in Collegiata (a suo tempo finanziata dal conti d’Arco); quindi, dopo il saluto delle autorità, ancora in piazza con il brindisi e lo spuntino collettivi offerto dalla famiglia (titolare dell’antica birreria Arcobräu, nella contea bavarese di Moos) a base di birra e bretzel; poi a palazzo Marcabruni-Giuliani (già palazzo Nuovo, anch’esso costruito dai conti d’Arco) per la cerimonia dello scambio dei doni e della firma del libro d’oro del Comune. Con un impegno: l’amministrazione comunale ricambierà la visita, presumibilmente già nel corso della prossima estate, nel castello di Moos.

Arco ha dato loro il nome; e in città non c’è palazzo che non sia riconducibile all'iniziativa della loro famiglia. I conti d'Arco hanno costruito l’eremo di San Paolo, il convento francescano delle Grazie, la chiesa di Caneve, oltre al castello e in parte finanziarono anche la chiesa Collegiata. Era loro anche il fondo con la torretta di caccia che l’arciduca Alberto d’Austria acquistò alla fine dell'Ottocento per costruirvi la villa che divenne la sua residenza invernale. Signori anche a Drena, Tenno e Penede, è attestato che nel Mille già erano presenti ad Arco, e che a loro la comunità si affidò per la difesa del castello e del territorio; la storia più recente è nota (la loro ultima dimora fu palazzo San Pietro, oggi noto come palazzo Marchetti), così com'è noto che nessun esponente della famiglia risiede più in città dal XIX secolo.

«Sebbene da tempo stabiliti in Germania – ha detto il sindaco Paolo Mattei – l’origine arcense è importante. Tanti sono i personaggi di questa famiglia che hanno legato alle proprie sorti prestigiose quelle della nostra città: ricordiamo Nicolò d’Arco, poeta delle corti rinascimentali, e Francesco, capitano del popolo di Siena nel XV secolo, al tempo di quel San Bernardino che proprio oggi è festeggiato quale co-patrono della città. E ancora i conti d’Arco, che ospitarono il grande Mozart a Rovereto, accompagnandolo poi alla corte dei Gonzaga a Mantova. Tanti sono gli eventi e le vicende che hanno segnato la storia della nostra città e della famiglia d’Arco nel corso del tempo. Mi auguro e auspico che questo legame di affetto e condivisione non venga mai meno, anzi che questi sentimenti si rafforzino e crescano negli anni. Poiché le radici di questo casato e quelle di tutti i cittadini arcensi affondano nello stesso terreno, è a tutti noi comune l’auspicio che dalla terra di Arco possano trarre forza e prosperità anche per il futuro».













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