La corsa dei pazienti alla risonanza  

Nicola Paoli (Cisl): «Spesso sono gli specialisti privati a mandarceli. Noi medici di famiglia subiamo pressioni immani»


di Chiara Bert ; w


TRENTO. Troppi esami e visite specialistiche prescritti dai medici di base, che intasano il sistema sanitario pubblico allungando le liste d’attesa, costringendo a ricorrere spesso al privato? «Noi medici di famiglia abbiamo pressioni immani», risponde Nicola Paoli, segretario della Cisl medici, la più rappresentativa della categoria. «Sono i pazienti a chiederci esami e visite, e siccome il nostro stipendi vive del numero dei pazienti, non tutti hanno la forza di dire di no, specialmente se sono giovani medici che devono tenersi stretti i pazienti».

I numeri li abbiamo pubblicati sul Trentino di ieri: oltre 1,3 milioni di visite e prestazioni mediche garantite ogni anno ai pazienti trentini tra regime pubblico e libera professione, e nel 40% dei casi lo specialista non è d’accordo con il grado d’urgenza (Rao) indicato dal medico di base.

«Il problema è a monte - prosegue Paoli - ci sono molti pazienti che arrivano da noi con i referti degli specialisti privati, che quasi sempre sono medici e primari in pensione che esercitano in libera professione e che non possono fare impegnative. Li mandano da noi, e il paziente ci dice “Ho pagato 200 euro per la visita privata, ora, dottore, voglio la risonanza magnetica”». Il numero delle risonanze, considerate l’esame più esaustivo, è da anni una delle spine nel fianco dell’Azienda sanitaria perché considerato eccessivo. «Avevamo concordato con l’Azienda che avremmo segnalato questi casi - spiega Paoli - ma da gennaio 2018 per questa incombenza non siamo più pagati, e a questo punto chi ce lo fa fare?».

Il segretario della Cisl medici accusa: «Ci sono due modalità per erogare i nostri servizi sanitari, controllare l’offerta perché l’eccesso favorisce la domanda; oppure liberalizzare l’offerta per favorire ovunque la possibilità di accesso alle prestazioni da parte dei cittadini. In quest’ultimo caso il pubblico si affida in gran parte al privato, mantenendo per se gli oneri maggiori (apparato burocratico, igiene pubblica e vaccinazioni, servizi di emergenza ed urgenza, attività di prevenzione) ed esternalizzando spesso i Drg (raggruppamenti di diagnosi, ndr) più remunerativi (oculistica docet). L’Azienda sanitaria non è in grado di resistere ancora a lungo con quest’ultima scelta, ma soprattutto il cittadino non può sentirsi garantito da un servizio sanitario che alza le braccia e si affida a terzi per effettuare quelle prestazioni che dovrebbe garantire in prima persona». «Oggi - incalza Paoli - la maggior parte dei pazienti va a fare la risonanza magnetica a Tecnomed, con cui l’Azienda ha siglato una convenzione».

Quanto ai codici di urgenza, il famoso “modello Rao” per ridurre le liste d’attesa che la Conferenza Stato-Regione ha copiato dal Trentino, il sindacalista spiega: «I Rao non servono a nulla se suggeriti dal centralino del Cup piuttosto che dai privati. E questo avviene quando i pazienti si sentono rispondere che per la visita specialistica o l’esame devono attendere mesi, e qualcuno suggerisce loro di tornare dal medico di base a farsi cambiare il Rao. Ancora una volta, tutto si scarica su di noi».

Ecco perché, di fronte alla strategia dell’Azienda che prevede una nuova procedura per le visite di controllo (ovvero che dopo lo specialista si torni dal medico di base), i medici di base non ci stanno: «Lavoriamo 14 ore al giorno tra ambulatorio e visite, non so dove troveremo il tempo».













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