L’Unione commercio: stop all’accordo sulle malattie

Disdetta unilaterale dopo 25 anni: il 25% della retribuzione non sarà più pagato. Bort: troppi abusi e costi insopportabili, ora basta. I sindacati: fatto gravissimo



TRENTO. In tempi di spending review, le decisioni unilaterali prendono piede. E così l’Unione commercio ha deciso di recedere da un accordo risalente al lontano 1987 che prevedeva un’integrazione a carico del datore di lavoro per il periodo di malattia compreso tra il 4° ed il 20° giorno di assenza. La decisione entrerà in vigore dopo tre mesi dal ricevimento della lettera da parte dei firmatari, ovvero Cgil, Cisl e Uil. E i sindacati ovviamente non ci stanno. I fatti: il contratto nazionale prevede una retribuzione, dal 4° al 20° giorno di malattia, pari al 75% della retribuzione netta giornaliera, a carico dell’Inps. L’accordo trentino, previsto dal contratto di secondo livello territoriale, impegna le imprese trentine del settore del terziario, della distribuzione e dei servizi (ex commercio), a concorrere al raggiungimento del 100% della retribuzione, «vanificando completamente - sostiene l’Unione - l’intento originario del meccanismo di riduzione: impedire l’abuso dell’istituto ed il grave danno conseguente nei confronti di imprese, lavoratori onesti e sistema di previdenza». Secondo l’Unione «il contrasto al fenomeno dell’assenteismo da parte delle imprese contribuisce al risanamento ed al controllo della spesa pubblica, oggi più che mai necessario: sono infatti gli enti previdenziali a doversi far carico, in definitiva, delle indennità di malattia, e quindi anche delle somme corrisposte indebitamente a chi abusa dello stato sociale, rispetto alle quali somme, comunque, il datore di lavoro è tenuto a farsi carico in via anticipata». E secondo l’organizzazione di via Solteri è proprio tra il 4° al 20° giorno di malattia che si consumerebbe il maggior numero di abusi della tutela per malattia del lavoratore, e per questo motivo la contrattazione nazionale prevede non vi sia l’interezza retributiva durante tale periodo. «L’accordo del 1987, prescindendo da quanti e quali siano, di fatto, incentiva gli abusi e ciò con grave danno dell’organizzazione e la produttività delle imprese trentine, nonché con aggravio sul carico di lavoro dei dipendenti onesti», conclude l’Unione, con l’auspicio del presidente Giovanni Bort «che questa decisione venga compresa e capita inserendola nel contesto della crisi pesante che affligge le imprese trentine». Dura invece la reazione dei sindacati: in una nota congiunta Uiltucs e Fisascat Cisl parlano di «fatto molto grave che va a peggiorare notevolmente le condizioni degli occupati del settore» e chiedono un incontro urgente all’Unione. Negativa anche la reazione del segretario della Cgil Paolo Burli, che annuncia che il suo sindacato «farà di tutto per mantenere il contratto in essere».

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