L’appello: «Senza casa nè lavoro»

Entrambi invalidi, lei licenziata dalla Campana dei Caduti, lui disoccupato



ROVERETO. Torti e ragioni, in quello che al di là di qualsiasi pur possibilissima retorica rimane un rapporto di lavoro, li stabilisce il giudice. Ed il giudice è stato chiaro: licenziamento illegittimo, ma nessun obbligo al reintegro nel posto di lavoro. Con il datore di lavoro, la Campana dei Caduti, condannato «solo» al pagamento di quattro mensilità lorde come risarcimento. Poco meno di 8000 euro. Ma per la famiglia di Catia Spagnolli e Graziano Bernardinelli, è una vittoria amarissima. Dall'1 luglio 2005 vivono nella casa del custode (all'interno dell'area della Campana) con i loro due figli. La signora Spagnolli era stata assunta due anni prima e l'intera famiglia si era trasferita lì appena ristrutturata la casa. Entrambi sono invalidi, e il reddito familiare era costituito da una modesta pensione di invalidità di lui e dallo stipendio di lei. Custode o operaia che fosse (è uno dei temi contestati, ma è irrilevante a questo punto) in un colpo solo si è trovata senza stipendio e sfrattata. Ovviamente un'altra casa a disposizione non ce l'hanno, né questo è un momento favorevole per trovare una nuova occupazione. Entrambi cercano lavoro, ed hanno chiesto aiuto a tutti coloro ai quali si potevano rivolgere, ma nessuno ad oggi l'ha trovato.

Si sentono vittime di una ingiustizia per come è terminato il rapporto con la Campana dei Caduti. Ricorreranno contro la sentenza, dicono. Ma soprattutto il loro è un appello a chiunque possa restituire loro un minimo di serenità. Un lavoro che permetta loro di ricominciare.













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