il caso

Itas Mutua verso una riforma aziendale

Tra i delegati degli assicurati c’è chi ha ipotizzato la «de-mutualizzazione» Ma in tempi brevi c’è la richiesta di portare in cda i rappresentanti dei soci


di Andrea Selva


TRENTO. L’Itas va riformata, ecco il messaggio che è passato negli incontri pre-assemblea e poi nel dibattito ai margini dell’incontro ufficiale dell’altro giorno nell’auditorium di Interbrennero: scenari di lungo periodo ma anche ricette da attuare immediatamente per contribuire a superare la crisi di governance aziendale e soprattutto recuperare credibilità.

Gli scenari

Fra i delegati ci sono i più radicali che si spingono a ipotizzare una “de-mutualizzazione”, insomma la trasformazione dell’antica mutua trentino-tirolese in una società che si misura con la concorrenza secondo le regole del mercato. Quindi ci sono i sostenitori di una trasformazione meno radicale, sull’esempio di altre mutue transalpine: «Non c’è nulla da inventare, basta copiare gli esempi della Germania» ti dicono, ipotizzando un’organizzazione territoriale e rappresentativa dei soci che si occupi delle ricadute sul territorio e sulle comunità degli associati, ma con l’attività assicurativa affidata a una società con un consiglio d’amministrazione pienamente operativo sia sul fronte strategico che sul fronte dei controlli (il vero nervo scoperto emerso in più passaggi durante l’assemblea di giovedì pomeriggio).

Delegati in cda

E poi c’è un’obiettivo chiaro che emerge tra i delegati dei soci assicurati: il cambio dello statuto per assicurare la presenza di almeno uno di loro nel consiglio d’amministrazione di Itas. Una richiesta che si affianca a quella ribadita in più occasioni dai sindacati dei lavoratori dell’azienda. Quanto all’esigenza di maggiori (e più puntuali) controlli da parte della base della mutua anche nel corso dell’assemblea è emersa una richiesta chiara avanzata dal delegato altoatesino Erwin Girardi (di cui riferiamo a parte) che ha preso la parola per primo e ha ipotizzato che la struttura di controllo interno riferisca al presidente del consiglio di amministrazione e non al direttore, secondo un’organizzazione che ha evidenziato tutti i suoi limiti nel corso delle vicende di cui si sta occupando la procura della Repubblica. Ma la freddezza con cui è stata accolta la relazione del presidente Di Benedetto dall’assemblea è un’indicazione chiara del malessere dei delegati, convinti che lo scandalo non possa essere liquidato semplicemente con il licenziamento del direttore Ermanno Grassi.

Il nuovo ruolo dei soci

«Nessuno di noi pensa che una struttura nata due secoli fa per dare una risposta all’incubo degli incendi sia ancora adeguata a dare risposte in un contesto molto più ampio e complesso» ha detto uno dei delegati in rappresentanza dei soci trentini. «Nè è pensabile garantire una reale rappresentanza di 700 mila soci: per questo bisogna studiare un nuovo modello aziendale».

I tempi

Come il Trentino ha riferito ampiamente nei giorni scorsi sono partite una serie di consultazioni per sondare la disponibilità di manager di esperienza internazionale (Nicastro, Tononi sono tra i nomi circolati) a far parte del consiglio d’amministrazione di Itas. Quanto alla presidenza - dopo la tiepida fiducia, basata su una presa d’atto più che su una vera e propria approvazione dell’operato - a meno di colpi di scena se ne riparlerà nella primavera del 2018, alla scadenza naturale del mandato. L’aspetto più delicato per gli equilibri di Itas è certamente rappresentano dall’inchiesta penale dove il presidente Giovanni Di Benedetto - allo stato degli atti - risulta vittima di un’estorsione da parte dell’ex direttore Grassi. Un reato da cui lui stesso (formalmente parte offesa) prende le distanze: «Non c’è stato nessun ricatto». Una situazione decisamente delicata, tanto che qualsiasi sviluppo o evoluzione delle vicende giudiziarie avrebbe immediate ripercussioni sulla situazione aziendale.

La direzione

C’è chi è convinto che il vice presidente Giuseppe Consoli (nominato alla direzione generale dopo le dimissioni-licenziamento di Ermanno Grassi) possa tranquillamente traghettare l’azienda verso acque più tranquille. Intanto dai lavori dell’assemblea sarebbe emerso l’incarico a un’agenzia di scouting per cercare un professionista idoneo a guidare l’azienda, mentre non si è parlato dell’indiscrezione che attribuiva al presidente Di Benedetto l’intenzione di affidare la direzione generale a Raffaele Agrusti, già amministratore delegato di Generali Italia, anche lui originario di Pordenone, come il presidente del Gruppo trentino.













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