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Itas, Di Benedetto s’impone: Agrusti è il nuovo «dg»

Il sostituto di Grassi votato da 11 consiglieri, contrari Zanoni e Ilaria Vescovi Al manager un contratto di 4 anni a 500 mila euro all’anno più i premi


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Alla fine, Giovanni Di Benedetto ha imposto il suo candidato e ha affermato il suo ferreo controllo sull’Itas. Se ne è avuta la prova ieri pomeriggio alla terza riunione del consiglio d’amministrazione convocata per nominare il nuovo direttore generale al posto di Ermanno Grassi.

In poco più di due ore, il cda ha nominato, su proposta di Di Benedetto, Raffaele Agrusti, attuale direttore finanziario della Rai ed ex direttore finanziario delle Assicurazioni Generali dalle quali è uscito in maniera burrascosa nel 2013. Il presidente, però, nonostante i suoi sforzi non ha ottenuto l’unanimità. La discussione è stata serena, ma accesa. E, a dimostrazione del clima tutt’altro che tranquillo, al termine, uno dei consiglieri mimava un gesto con le mani per dire che aveva la bocca cucita e poi aggiungeva: «Abbiamo la consegna del silenzio», alla faccia della trasparenza e del dialogo con il territorio.

C’erano tutti, i 13 componenti del cda. Hanno votato contro uno dei tre vicepresidenti, Danilo Zanoni, e la consigliera Ilaria Vescovi. Gli altri hanno seguito l’indicazione di Di Benedetto. Il presidente e la maggioranza del Cda, quindi, non hanno tenuto in nessun conto le indicazioni provenienti da quasi il 90 per cento dei delegati trentini (che rappresentanto i quasi 700 mila soci di Itas, cioè la sua proprietà) che in una lettera di pochi giorni fa chiedevano tre cose: una soluzione interna e temporanea in attesa del cambio della governance alla scadenza del mandato di Di Benedetto, nell’aprile 2018; la nomina di un candidato che non avesse nel suo curriculum precedenti poco chiari o cause e azioni di responsabilità da parte del proprio datore di lavoro; un voto unanime che potesse permettere alla compagnia di ripartire più forte e più unita di prima. Nessuna delle tre richieste è stata accontentata. E questo potrebbe lasciare aperta la possibilità di un’assemblea straordinaria convocata per sfiduciare l’intero Cda. A norma dell’articolo 10 dello Statuto Itas, infatti, bastano le firme del 10 per cento dei delegati, ovvero 20 persone, per convocare l’assemblea straordinaria. In teoria, l’ottantina di deputati che aveva firmato la lettera sarebbe più che sufficiente. Resta da vedere se avranno la forza e il coraggio di esporsi. Il timore di molti di loro è che adesso Di Benedetto, forte dell’appoggio del nuovo direttore, possa convocare lui l’assemblea straordinaria per far votare il prolungamento del numero dei mandati e restare altri 6 anni, come previsto prima che scoppiasse il caso.

L’unica concessione ai delegati trentini da parte di Di Benedetto è stata la nomina di un vicedirettore interno. Si tratta di Alessandro Molinari, dirigente di 47 anni che era stato nominato da pochi giorni direttore finanza e bilancio al posto di Paolo Gatti, licenziato perché indagato insieme a Ermanno Grassi.

Durante la riunione Di Benedetto ha dipinto la scelta di Molinari come una mano tesa ai delegati che chiedevano una soluzione interna. Ma gli oppositori la vedono più come una foglia di fico con la quale avvolgere una soluzione indigesta. Del resto, in molti fanno notare come il nuovo direttore generale sia molto vicino al presidente di Itas. A unirli non solo l’origine pordenonese. Chi ha la memoria più lunga ricorda come Raffaele Agrusti sia il fratello di quel Michelangelo Agrusti, ex deputato della Democrazia Cristiana, che nell’aprile del 1994 venne arrestato nell’ambito della stessa inchiesta che portò all’arresto dello stesso Giovanni Di Benedetto per tentata corruzione per una presunta tangente (solo offerta) da un miliardo di lire per la costruzione di un centro di smaltimento rifiuti tossici a Spilimbergo.

Il presidente di Itas, però, ieri ha spiegato che la scelta di Agrusti è stata fatta dal comitato ristretto composto da lui stesso e da Giuseppe Consoli, Fabrizio Lorenz e Marco Fusciani perché il candidato risponde a precisi requisiti di professionalità. Ha prodotto anche una lettera di una società internazionale di consulenza che loda le capacità di Agrusti. Gli oppositori, però, hanno ribattuto che in discussione non sono le capacità del manager, ma il metodo seguito per individuarlo. Non c’è stata alcuna selezione internazionale affidata società di «cacciatori di teste» specializzate. Inoltre, non si sa come sono stati individuati i quattro candidati esaminati. Ma le perplessità non hanno scalfito la sicurezza di Di Benedetto. Altro punto su cui si è discusso è il contratto di Agrusti, dapprima il presidente ha parlato di un contratto a tempo indeterminato e poi , invece, ha spiegato, su richiesta dei soci tedeschi, che il contratto sarebbe stato di 4 anni. Il compenso sarà lo stesso di Grassi, ovvero 500 mila euro all’anno più premi per oltre 150 mila euro.













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