«Io fuori, Baratter dentro. Vergogna»

Espulso dal Patt, Kaswalder annuncia battaglia: «Sentenza già scritta. Due pesi e due misure, ricorrerò ai probiviri»



TRENTO. Della «sentenza» di espulsione dal Patt, emessa venerdì sera dal collegio di disciplina, Walter Kaswalder racconta di aver appreso ieri mattina dai giornali: «Mi ha telefonato Dario Chilovi, io non sapevo nemmeno che la commissione si riunisse. Dovrebbero comunicarmi qualcosa, aspetto le motivazioni. Comunque questa è una sentenza che era già scritta, concordata con Panizza. Non c’è stata terzietà».

Chiamato a decidere sul deferimento deciso a novembre dalla giunta del partito («Nonostante i ripetuti tentativi di mediazione posti in essere da tutti i componenti dei vertici del partito, i comportamenti del consigliere Kaswalder risultano ostinatamente in contrasto con i dettati statutari e con la linea politica del partito»), il collegio di disciplina ha optato per la sanzione più severa tra quelle previste: esclusi il richiamo e la sospensione, Kaswalder va cacciato.

Lui - tessera del partito autonomista in tasca da 44 anni, ex presidente del partito e oggi consigliere provinciale - non sembra per nulla sorpreso di questo esito, e reagisce a modo suo, rilanciando: «Panizza dice che è una questione di rispetto degli organi di partito? Gli rispondo che dovrebbe andarsi a leggere lo statuto del Patt. A quei valori io sono sempre stato fedele, che si parli di trentini, famiglia, sicurezza, immigrati, servizi nelle valli. La gente è con me, lo statuto viene prima del partito e dei suoi organi». Ma se da un lato si trincera dietro lo statuto, quasi a ignorare un problema di linea politica che ormai lo vede agli antipodi rispetto alla dirigenza del Patt, dall’altro Kaswalder va all’attacco su quello che in questo momento è un altro nervo scoperto del partito: il caso Baratter. L’ex capogruppo provinciale, imputato per corruzione elettorale per il «patto» firmato con gli Schützen prima delle elezioni 2013, nei giorni scorsi attraverso il suo avvocato ha chiesto la messa alla prova (un rito alternativo che, senza entrare nel merito delle accuse, porta all'estinzione del reato dopo che l'imputato ha seguito per un periodo di un anno un programma di volontariato), rinunciando in questo modo al processo. Una scelta processuale che da molti è stata letta come un’ammissione di colpevolezza. La pensa così anche Kaswalder: «Io sono fuori e Baratter dentro, lui che con la messa alla prova sta mettendo in difficoltà tutti nel partito, è una cosa vergognosa, anche questo scriverò nel ricorso ai probiviri. Qualcuno dovrà spiegarmi perché si adottano due pesi e due misure». Il consigliere conferma dunque l’intenzione di dare battaglia fino in fondo, preannunciando anche - come extrema ratio - una causa civile al Patt per chiedere i danni.

Prima affronterà il secondo grado interno al partito: i probiviri. «Un giudizio che sarà inappellabile», aveva ricordato qualche giorno fa il segretario Franco Panizza. Quanto alla collocazione di Kaswalder in consiglio provinciale, il presidente Bruno Dorigatti chiarisce che «fino al pronunciamento dei probiviri il procedimento non è concluso», «dopodiché per me a fare testo non sono le decisioni del partito, ma sarà eventualmente il gruppo consiliare del Patt a dovermi comunicare che Kaswalder non fa più parte del gruppo. In proposito parla chiaro il parere chiesto a suo tempo al professor Falcon».

(ch.be.)

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