la sentenza

Insegnante non richiamata al lavoro perché lesbica: Sacro Cuore condannato a pagare 25 mila euro

Secondo il giudice Cuccaro la professoressa sarebbe stata discriminata a causa del suo orientamento sessuale



TRENTO. L'insegnante che non ha più ricevuto l'incarico dall'Istituto Sacro Cuore perché sospettata di essere lesbica è stata discriminata. Lo ha deciso il giudice del Tribunale di Rovereto Michele Cuccaro che ha anche condannato l'istituto religioso a pagare all'insegnante un risarcimento danni di 25 mila euro più 1.500 euro per ciascuna associazione che si è costituita parte civile. I fatti erano assurti alla cronaca nazionale. L'Istituto aveva sempre negato di aver discriminato la donna.

Il ricorso è stato presentato nel 2015 dall’insegnante e per. i profili di discriminazione collettiva dalla CGIL del Trentino e dall’Assocciazione Certi diritti. Il giudice ha accertato prima di tutto la discriminazione individuale subita dall’insegnante a decorrere dal colloquio del 16 luglio 2014, durante il quale alla stessa era stato chiesto di smentire voci per le quali la donna avrebbe intrattenuto una convivenza sentimentale con altra donna. Al rifiuto di questa di accettare ingerenze nella propria vita privata da parte del datore di lavoro, alla stessa l’allora dirigente dell’Istituto aveva almeno chiesto di impegnarsi a «risolvere il problema».

Tale proposta suscitò l’indignazione dell'insegnante, la quale non venne riassunta e perse il diritto ad ottenere la conversione del proprio contratto in un rapporto a tempo indeterminato. Il giudice roveretano riconosce come l’Istituto stesso cambiò nel giro di pochi giorni la propria versione dei fatti più volte, inclusa secondo la quale l’insegnante avrebbe turbato i propri alunni con discorsi inappropriati sul sesso. Il giudice ha altresì accolto le domande di CGIL del Trentino e dell’Associazione radicale Certi diritti di accertare il carattere di discriminazione collettiva delle diverse dichiarazioni rilasciate dall’Istituto con le quali si rivendicava il diritto di non assumere persone omosessuali, ritenute inidonee ad avere contatti con minori.

L’Istituto Sacro cuore è stato così condannato a risarcire 25.000 euro alla ricorrente per danni patrimoniali e non patrimoniali, 1.500 euro a ciascuna delle organizzazioni ricorrenti, alla pubblicazione della decisione a proprie spese sui quotidiani Trentino e Adige, con condanna alle spese di lite per un importo complessivo pari a € 8.178,00.

A quanto pare, la decisione è il primo caso di condanna mai pronunciata per discriminazione individuale per orientamento sessuale e la seconda per discriminazione collettiva. Si tratta, altresì, della prima sentenza che condanna per discriminazione un’organizzazione di tendenza dopo l’entrata in vigore della normativa antidiscriminatoria del 2003. L'insegnante discriminata esprime la propria viva soddisfazione per il pieno accoglimento del ricorso: «Nel tentativo di difendersi, l’Istituto mi aveva anche accusata sul TG1 e altrove di aver turbato studenti con discorsi impropri sulla sessualità. In giudizio l’Istituto ha addirittura rinunciato a dimostrare queste falsità. Con questa decisione lo Stato italiano garantisce il diritto mio e di ogni altra persona a non essere discriminata. La dignità di ogni lavoratore è un principio supremo della Costituzione repubblica. Mi spiace che per il Presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi, invece, questi fatti, che emergevano con chiarezza già dall’istruttoria che la stessa Giunta aveva disposto, fossero del tutto legittimi.»

L’avvocato Alexander Schuster, che ha difeso la ricorrente così come le due organizzazioni Certi diritti e CGIL del Trentino (quest’ultima, con l’avvocato  Stefano Giampietro), esprime soddisfazione e sottolinea: «La questione non riguarda tanto l’orientamento sessuale, perché dice molto di più: garantisce i diritti fondamentali di ogni lavoratore. Infatti, questa decisione fissa un punto chiaro: i datori di lavoro di ispirazione religiosa o filosofica non possono sottoporre i propri lavoratori a interrogatori sulla loro vita privata o discriminarli per le loro scelte di vita. L’uso di contraccettivi, scelte come la convivenza, il divorzio, l’aborto, sono decisioni fra le più intime che una persona può compiere. Questa decisione ci dice che è la legge a stabilire cosa è discriminazione, non le convinzioni delle singole organizzazioni religiose».













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