La mostra

Inaugurazione al Mart della mostra evento su Boccioni

Domani grande festa. Si entrerà gratis, dalle 10 alle 18, e nelle sale del museo musica di Debussy, Stravinskij e Cage


di Paolo Piffer


ROVERETO. Oggi l’inaugurazione, e gran festa domani al Mart per l’apertura della mostra su Umberto Boccioni. Non solo si entrerà gratis, dalle 10 alle 18, ma le sale del museo “suoneranno” delle musiche di Bartók, Cage, Debussy, Stravinskij e altri ancora, certo in omaggio all’artista calabro che morì per una banale caduta da cavallo vicino a Verona (dove è sepolto) mentre, era il 1916, vestiva la divisa grigioverde del Regno d’Italia, anche lui pronto a rispondere alla chiamata alle armi nella Grande Guerra, per quanto non così convinto come altri futuristi. Fino al primissimo pomeriggio sono in programma diversi concerti “sparsi” degli allievi delle Scuole di musica “Jan Novak” e “Riccardo Zandonai”. Inoltre, alle 10,30 Francesca Rossi, storica dell’arte del Castello Sforzesco di Milano (da dove arriva l’esposizione) curatrice anche della mostra trentina con la collaborazione di Agostino Contò della Biblioteca civica di Verona, introdurrà ai segreti di “Umberto Boccioni. Genio e memoria” che rimarrà aperta fino al 19 febbraio. Anche i bambini avranno il loro spazio, tra le 15 e le 17, con un laboratorio continuo e, per forza di cose, visto il dna dell’artista, “in movimento”. Dalle 14, infine, la biglietteria raccoglierà le adesioni per un paio di visite guidate.

Nel centenario della morte di Boccioni, la mostra del Mart è la seconda tappa di un percorso iniziato nei mesi scorsi a Milano, a palazzo Reale. Secondo quanto sottolineato ieri, in sede di presentazione, dalla curatrice Francesca Rossi, si tratta di “una mostra di studio” e, rispetto a quella milanese, c’è qualche opera in meno e il percorso non segue, passo passo, la cronologia. Piuttosto, “il cuore” è l’Atlante, un po’ la “cassetta degli attrezzi” dell’artista, ci si passi il termine, cioè quell’insieme di diari, carte, disegni, manifesti, documenti, collage, molti dei quali finora inediti, depositati alla Biblioteca civica di Verona dai parenti e che rappresentano il corpus teorico sulla scorta del quale Boccioni, che scrisse molto, oltreché dipingere e scolpire, elaborò la sua poetica, dal simbolismo, passando per il divisionismo e arrivando al dinamismo-futurista (la scultura bronzea “Forme uniche della continuità nello spazio”, che chiude “l’anello”, ne è un po’ l’archetipo, oltre che l’immagine che non manca mai nei testi di storia dell’arte). “Il che ci fa capire – ha commentato Francesca Rossi – che Boccioni non fu un autodidatta, come invece sosteneva il caposcuola Marinetti. Tutt’altro”. Sono 184 i “pezzi” in mostra, per cinque sezioni complessive (“Atlante”, “Sogno simbolista”, “Veneriamo la madre”, “Fusione di una forma con il suo ambiente”, “Dinamismi”), inframmezzati dalle opere di altri, da Gaetano Previati e Leonardo Bistolfi, da Giovanni Segantini (“Cavallo al galoppo”) a Richard Edward Miller.

Agostino Contò, bibliotecario della Civica di Verona, ha ricordato che “le carte e la ricerca dei materiali, il fulcro di questa mostra, erano depositati in biblioteca dal 1955. Bastava studiarli. Noi lo abbiamo fatto” mentre il direttore del Mart, Gianfranco Maraniello, ha detto che “l’esposizione ha molto a che fare con la psicanalisi, che tanto c’entra con Boccioni”.

Claudio Salsi, della Direzione cultura del Comune di Milano, ha ribadito che “al centro della proposta c’è parecchio materiale inedito sulla formazione dell’artista”. Poi, anzi, soprattutto, ci sono i quadri e le sculture. Esplosioni di luce, ma anche di tormento, in alcuni casi quasi crepuscolari, in altri tanto dinamici da scappare quasi fuori dalla cornice. Scriveva il critico Mario De Micheli in un saggio rimasto insuperato sulle avanguardie: “L’elemento irrazionale, alogico, intuizionistico, nelle sue opere si rivelava come una sorta di ebbrezza drammatica per lo spettacolo della vita universale, che egli cercava e scopriva in ogni porzione di realtà”.

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