IL CASO

In collina a Trento il convento per i preti «smarriti»

Un ex sacerdote: «Mi volevano mandare lì in terapia». Il padre superiore: «Accogliamo chi ci chiede aiuto»


di Andrea Selva


TRENTO. «Mi ha convocato il vescovo, mi voleva mandare in terapia in un convento del Nord Italia dove vengono mandati a riflettere i sacerdoti che manifestano tendenze sessuali non consone. Un luogo dove ti aiutano a ritrovare la retta via. Ma io mi sono rifiutato di andarci». Chi parla - nei giorni in cui fa notizia l'outing del teologo polacco Krzysztof Charamsaè un ex sacerdote, Mario Bonfanti, 44 anni, lombardo, che ha raccontato a Repubblica la sua omosessualità, la scelta di abbandonare la tonaca e quell’ultima proposta di riflessione in convento. Il convento di cui è parla è quello dei padri Venturini, sulla collina di Trento, che dal 1938 (dieci anni dopo la fondazione) accoglie sacerdoti che si trovano in difficoltà e che hanno smarrito la via.

Il cancello dei Venturini in via dei Giardini è sempre aperto, ma la città conosce poco quest’oasi di tranquillità che si affaccia sul centro storico di Trento. Un’oasi finita più volte sui giornali. Padre Gianluigi Pastò, superiore dei Venturini, terminata la messa del mattino, sta mettendo in ordine la sacrestia e vorrebbe tagliare corto: «Contro di noi sono stati scritti titoli ingiusti» dice. «La nostra missione è di aiutare i sacerdoti lungo la via verso la santità, senza clamore, perché la nostra opera è giusto che sia sommersa, senza pubblicità, anche per rispetto delle persone che ci chiedono aiuto».

A quel cancello giungono sacerdoti che hanno problemi di dipendenza dall’alcol, dal gioco, che soffrono di depressione. Ma anche in crisi per il proprio orientamento sessuale. «Le difficoltà dei nostri sacerdoti possono essere di ogni tipo - dice ancora padre Gianluigi Pastò - ma in questo momento non ospitiamo nessun sacerdote pedofilo o omosessuale. Inoltre non vengono “mandati” da noi: si tratta di una scelta individuale, le persone vengono accolte nella nostra struttura dopo un momento di dialogo e confronto, per vedere se c’è la volontà e se ci sono i presupposti per compiere questo percorso di formazione assieme».

I trentini sanno poco di questo convento che in realtà apre le sue porte anche alle preghiera dei fedeli. Chi ha più di cinquant’anni ricorda il delitto del 26 febbraio del 1983 quando lungo la salita che dalla città porta al convento dei Venturini venne ucciso don Armando Bison, 71 anni, sacerdote residente nel convento, colpito a martellate dalla follia di Marco Furlan e Wolfgang Abel che gli piantarono in testa un crocifisso, firmando quell’orrore come Ludwig.

Lassù ci sono grandi spazi, una volta c’era un seminario, ma i posti per ospitare i sacerdoti sono una decina. Non tutti occupati. Spesso qualcuno se ne va. Si tratta di percorsi lunghi, con il coinvolgimento anche di psicologi laici che collaborano con il convento. Due anni fa una lunga inchiesta di Repubblica.it raccontò la realtà di questo convento e di altri - in Italia - che svolgono attività simile. Una pubblicità non gradita: «Si fa presto a creare pregiudizi, soprattutto nell’era di Google».













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