In cento a Nambino per dire alle funivie che la misura è colma 

La protesta della Sat. Salita in quota e poi il confronto sul lago simbolo del turismo trentino: «Lo sci è importante ma può bastare. No a Serodoli e agli altri ampliamenti delle aree sciabili» Anche i titolari del rifugio contrari: «Questa conca resti ai turisti che cercano pace e silenzio»


Andrea Selva


Trento. C’erano un centinaio di manifestanti ieri nella conca di Nambino (a 1.700 metri di quota, a monte di Madonna di Campiglio) per dire «no» agli impianti di risalita verso il lago di Serodoli e più in generale «no» all’ampliamento delle aree sciabili in Trentino. Luogo simbolo - quello di Nambino - che la Sat ha scelto per la propria manifestazione di protesta perché le Funivie vorrebbero sacrificarlo a nuovi collegamenti, ma è anche lo stesso luogo - un lago nel granito dell’Adamello affacciato sulle Dolomiti di Brenta - che Trentino Marketing ha scelto ormai da anni per pubblicizzare il Trentino del turismo. Che ne sarà di Nambino? Lo deciderà la Provincia il cui piano urbanistico non prevede impianti in quella zona, ma ugualmente gli ambientalisti hanno alzato la guardia (come già nel 2014) di fronte alle ipotesi di sviluppo delle società funiviarie di Campiglio, Rendena e Val di Sole.

Il «no» della Sat

È stato il vicepresidente Roberto Bertoldi (la presidente Facchini era impegnata a Trento) a ribadire il «no» della Sat alle nuove aree sciabili: «Siamo consapevoli dell’opportunità di lavoro e sviluppo che lo sci rappresenta per il Trentino. E infatti non siamo contrari alla modernizzazione degli impianti e ai lavori per mettere in sicurezza le piste. Il nostro è invece un «no assoluto» ad ampliare le aree sciabili dove ora non ci sono infrastrutture. L’abbiamo detto nel 2015 e lo ripetiamo, perché non esiste solo lo sci, e i piloni e le nuove piste non fanno certo bene al paesaggio che cercano i turisti dell’estate». Ma Bertoldi ha sottolineato anche che nella zona di Serodoli c’è una risorsa che non va sottovalutata: l’acqua. Ed è anche nel nome di risorse che non possono più essere date per scontate (nemmeno in montagna) che gli ambientalisti dicono «no» alle nuove aree sciabili che, anche in alta quota, dovrebbero essere innevate artificialmente. Per la Sat c’era anche Carlo Ancona (l’ex giudice) a sottolineare le nuove motivazioni dei giovani (e delle donne), ma anche l’ex presidente Claudio Bassetti assieme a Luigina Armani (che per prima ha voluto la protesta di ieri) e altri rappresentanti locali della società degli alpinisti. Tra i presenti anche i consiglieri provinciali Alessio Manica (Pd) e Alex Marini (M5s).

Presente pure il Parco

Il primo «no» ai nuovi impianti era arrivato dal Parco naturale Adamello Brenta, con la firma del presidente Josef Masè. Ieri c’era l’assessore Matteo Motter a ribadire le motivazioni della presa di posizione, condivise con gli organizzatori della protesta: «Questa non è una battaglia contro lo sviluppo del turismo invernale e i comprensori dello sci alpino, è un invito alla misura. È l’eccesso che turba, ma se lo sviluppo è sostenibile, senza prevaricazioni dell’economia sull’ambiente, allora sarà l’intera società ad avvantaggiarsene». Il Parco ha inoltre puntato l’attenzione sulle questioni ambientali globali: «Questo è il momento per credere che la svolta sia possibile».

I giovani dei «Fridays»

Erano i più attesi, purtroppo erano in pochi e sono arrivati in ritardo. Ma l’intervento della delegazione dei Fridays for Future è stato di gran lunga il più applaudito, quando Silvia Rigo ha lanciato un appello alla lungimiranza: «Cari politici, abbiate il coraggio di decidere per un sacrificio ora in cambio di un beneficio futuro, invece che per un beneficio immediato in cambio di un sacrificio in futuro. Insomma: pensate ai prossimi cinquant’anni invece che ai prossimi cinque anni». Quanto al ritardo la studentessa - che venerdì era in città assieme ad altri 8 mila manifestanti - ha spiegato che per i ragazzi non è facile raggiungere Campiglio da Trento. Ritardo perdonato, con Mariangela Romanelli (della Sat di Pieve di Bono) che ha preso il microfono per dire: «Sono davvero impressionata dal livello di questi ragazzi».

Il «no» del Rifugio

Ma che ne pensa la famiglia Serafini (da quattro generazioni titolare del rifugio Nambino) del progetto di portare le funivie al lago di Serodoli, passando attraverso la conca dove finora l’unica via di collegamento è la teleferica del rifugio? «Siamo contrari - spiega Luisa Ongari, della quarta generazione - perché l’arrivo delle funivie cambierebbe questo luogo che viene scelto dalle persone proprio perché è lontano dalle infrastrutture. Lavoriamo in inverno e in estate, siamo raggiungibili solo a piedi e questo rifugio è la prova che un turismo alternativo è possibile, a beneficio di chi cerca luoghi immacolati e silenziosi. Parlo da maestra di sci - continua Ongari - e posso dire che anche tra chi pratica lo sci alpino c’è la consapevolezza della necessità di luoghi dove le funivie non arrivano». Ecco perché la protesta della Sat ieri è stata condivisa anche dai gestori del rifugio preso come simbolo dell’ospitalità trentina.

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