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Impiantato a Rovereto il primo pacemaker senza fili

L’intervento, senza precedenti in regione, effettuato dall’équipe cardiologica roveretana con il Centro Monzino di Milano


di Giancarlo Rudari


ROVERETO. Per la prima volta in regione su un paziente cardiopatico è stato impiantato un pacemaker senza fili. Un intervento sperimentale ed innovativo effettuato con successo dall’équipe dell’unità di cardiologia roveretana guidata dal dottor Maurizio Del Greco in collaborazione con il Centro cardiologico Monzino di Milano. Il dispositivo di ultima generazione per regolare il battito cardiaco è “wireless” (ovvero senza fili) ed ha dimensioni molto ridotte: al momento viene utilizzato soltanto in alcuni casi selezionati sia perché si tratta di una sperimentazione sia per i costi elevati (attorno ai 7.000 euro rispetto ad un pacemaker tradizionale che ha un costo di poco superiore ai mille euro).

E la scelta del reparto di Rovereto per effettuare un intervento simile (il primo in Trentino Alto Adige) certifica e conferma la validità e la buona fama acquisita dall’unità cardiologica del Santa Maria del Carmine a vocazione elettrofisiologica per la cura delle aritmie partita con il dottor Giuseppe Vergara e quindi seguita dai dottori Domenico Catanzariti e Carlo Angheben. Ed è stato proprio quest’ultimo, assieme al collega Claudio Toldo del Monzino ad effettuare l’intervento sul paziente.

Mentre i pacemaker classici necessitano un intervento chirurgico per essere impiantati, i nuovi dispositivi, come spiegano i sanitari del Monzino, grazie alle loro dimensioni ridottissime e all’assenza di fili, possono essere inseriti direttamente nella cavità cardiaca passando attraverso la vena femorale con una procedura interventistica. Questo si traduce in grandi vantaggi per i pazienti: nessuna incisione del torace, nessuna cicatrice, nessun rischio di incorrere nelle problematiche che un intervento operatorio può comportare.

Una volta posizionato, il pacemaker wireless emette impulsi elettrici in grado di normalizzare il battito cardiaco, grazie a un elettrodo posto sul dispositivo stesso. L’assenza dei classici fili degli elettrodi di stimolazione riduce la possibilità che il sistema vada incontro a malfunzionamenti legati al danneggiamento dei cavi, e la batteria a lunga durata può assicurare al dispositivo una tenuta superiore a quella standard, in media di 5-6 anni.

E se il futuro è la miniaturizzazione (vale a dire apparecchi di dimensioni sempre più ridotte) Rovereto, scelto per la sperimentazione del mini pacemaker senza fili, può giocare un ruolo di primo piano nella sanità trentina e non solo. La collaborazione con il Centro Cardiologico Monzino ne è la testimonianza: l’unità cardiologica roveretana non può che contare su investimenti e nuove prospettive di sviluppo.













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