Il vero stand Expo? Cercatelo alle Albere

L’allestimento del Muse è costato 450 mila euro, ma è molto più efficace e curato della Piazzetta milanese


di Luca Marognoli


TRENTO. Chi vuole conoscere il Trentino delle eccellenze agroalimentari ed enologiche, delle tradizioni e dell’innovazione, del territorio integro ma anche della ricerca applicata, non deve andare a Rho, sede dell’Expo 2015. Ha sbagliato strada. Deve andare a Trento, farsi indicare il Muse ed entrare a Palazzo delle Albere, la splendida residenza urbana dei Madruzzo, famosa per i suoi cicli affrescati e per avere ospitato banchetti e tornei per gli illustri ospiti giunti nel capoluogo per il Concilio di Trento. Dopo la sua recente riapertura, il palazzo è stato scelto per ospitare la mostra “Coltiviamo il gusto. Tutto il buono della Terra trentina”, assieme a un concept store che ogni due giorni presenta un’azienda o un’associazione di categoria e i suoi prodotti (ieri c’era Astro con assaggi di torte e salmerini), a laboratori creativi legati al mondo del cibo e a degustazioni quotidiane con chef (è atteso il fassano Peter Brunel, ora star del Villa Relais Il Palagio di Rignano sull’Arno) e sommelier di alto livello.

Quanto deprimente e scialbo potrà apparire al nostro visitatore la piazzetta Trentino sul Cardo dell’esposizione universale, tanto troverà interessante, ben allestito, ricco di notizie e di stimoli, oltre che splendidamente ambientato il piccolo “local Expo” che abbiamo dietro casa. Con accanto anche orti e vigneto che ti portano davvero nei campi.

È costato 448 mila euro, un quarto del budget complessivo di 1 milione e 900 mila euro investiti dalla Provincia nell’intera operazione Expo. Una cifra non da poco ma - a nostro parere - ben spesa, anche se resta da chiarire un aspetto decisivo: se a Milano passano milioni di visitatori di tutto il mondo, quanti ne saranno entrati alle Albere a fine ottobre? In attesa di avere una risposta, non ci sono dubbi che se nella Piazzetta del Trentino si fosse riuscito a riprodurre quanto visto all’ombra del Muse non sarebbero scoppiate le polemiche dei giorni scorsi sul fallimento dello stand nostrano all’Expo e l’impietoso confronto con quello altoatesino. In comune una cosa c’è: il simbolo delle Dolomiti, che a Milano tuttavia è costituito da tre lastre di pietra alte più di sette metri mentre qui è fatto da tre pannelli di legno ad altezza d’uomo.

Eccoci allora all’interno. Dopo avere fatto il biglietto (gratuito) si attraversa un corridoio che introduce all’esposizione con dei pannelli fotografici “sulla geografia dei sapori” che illustrano il lavoro dell’uomo, l’ambiente e gli animali presenti nelle valli trentine. In fondo, due sale: una sulle carni e l’altra sul latte e i formaggi.

La novità di questi giorni (proprio ieri la prima uscita) è la presenza degli studenti dell’Istituto agrario di San Michele, con 15 classi che si alterneranno nell’accompagnare la visita rispondendo alle domande di ciascuno. Quello che incontriamo noi racconta con dovizia di particolari le tecniche di preparazione delle “luganeghe”, rappresentate anche in un video e in alcuni pannelli esplicativi. Ci sa dire tutto anche su produzione e stagionatura di speck, carne salada e mortandela. Lascia forse un po’ perplessi una stanzetta adiacente spoglia con tre pezze di speck appese al soffitto, che avevano suscitato l’orrore dell’architetto Michelangelo Lupo (per l’accostamento tra i salami e la nobiltà architettonica del palazzo). Forse un po’ kitsch ma comunque curiose sono le pelli di mucca (dalla razza alpina alla rendena) “accarezzabili” nella saletta sui prodotti lattiero-caseari, dove si può apprendere come si fa il latte, vedere gli attrezzi del casaro e anche rintracciare, su uno schermo touch screen, tutte le malghe del Trentino. Al primo piano, nel salone centrale una serie di “tavoli didattici” illustrano, con video storici, in cosa consistono le diverse colture, passando dalle viti alle mele, dalle castagne agli orti, fino al tabacco e ai gelsi. Molto belle le diverse sale, in particolare quella sulla produzione della grappa (uno studente anche in questo caso preparatissimo ci fa da guida), dei frutti di bosco (con variopinte bottiglie di sciroppi e confetture), del pane, delle mele e della vite. Spazio anche per la “realtà aumentata”, nel torrino di sud-est che presenta il ciclo dedicato all'età dell'uomo del Fogolino: spostandosi con un tablet verso le pareti viene mostrato un altro ciclo famosissimo, quello dei mesi di Port’Aquila.

Uscendo il pensiero è uno solo: peccato che i visitatori di Expo non possano vedere questi spazi, anche perché il tema del cibo e delle filiere produttive qui è veramente centrato. A differenza di quanto avvenga in molti blasonati padiglioni milanesi.













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