Oggi è il «No cash day»: tutti sono invitati a pagare senza contanti. Perché? Costano e favoriscono il «nero»

Il pane? Io lo compro con il bancomat

Test in centro: il giornale ce lo danno, ma niente pizza e taxi. Il caffè? Offerto


Luca Marognoli


TRENTO. Chi ha detto che per comprare il pane si debbano avere gli spiccioli nel taccuino? L'euro e 20 per il giornale o la banconota per taxi e cinema? Basterebbe una strisciata di carta di credito o comporre il pin del bancomat.  Basterebbe. Il problema è che in tasca ce li abbiamo, ma li usiamo con parsimonia, quasi per il timore di consumarli. E non tutti i commercianti li accettano per pagamenti, soprattutto di minima entità.  Questione di cultura. All'estero, Nord Europa e Stati Uniti in prima fila, con la "card" si fa tutto (salvo rimanere a piedi, a New York, se non si ha con sé il sacchetto di monetine per l'autobus). In Svezia il 95% dei pagamenti avvengono per via elettronica.  In Italia invece, come spesso accade, siamo indietro anni luce. E pochi sanno quanto ci costano quelle monete tintinnanti e quelle banconote fruscianti che tanto ci piacciono: 50 miliardi l'anno in Europa, dei quali 10 nel Bel Paese (bello ma non certo ai primi posti in tecnologia e innovazione).  Per non contare il fatto che il denaro "cash" favorisce l'evasione fiscale, si può smarrire ed è veicolo di trasmissione di malattie come l'escherichia coli resa famosa in questi giorni da cetrioli killer & co.  Allora ecco il "No cash day", la prima giornata contro il contante che va in scena proprio oggi, patrocinata nientemeno che dalla presidenza del Consiglio e dal ministero dello sviluppo economico (www.nocashday.org).  Il suggerimento è di usare solo ed esclusivamente la carta. Se ci riuscite.  Noi ci abbiamo provato, con alterne fortune.  Prima sosta al panificio: «Signora, mi dà un krapfen per favore?». «Ecco a lei, sono 95 centesimi», dice Manuela al Sosi di via Rosmini. «Posso pagare con il bancomat?». «Certo», sorride la commessa. Detto - fatto, nessun problema.  Ma c'è chi lo fa? «Chi si trova senza soldi», aggiunge Romana. «Ma stamattina (sono le 11.30, ndr) abbiamo già fatto quattro pagamenti». Giulia Sosi, la cotitolare, spiega che il bancomat è stato introdotto per l'arrivo dell'euro e ora mantenuto, grazie a un accordo con la banca che tiene basso il costo del servizio. «Lo abbiamo nei negozi di punta ma anche in quelli più piccoli».  I costi, appunto. All'edicola Torresani di via Cavour, il titolare Giuseppe non fa una piega alla richiesta di un "Trentino" pagato con il bancomat. Ma al giornalista spiega: «Lo facciamo perché abbiamo l'apparecchio. Però paghiamo un fisso mensile più una percentuale su ogni transazione. Con i margini che abbiamo, andiamo benone», fa una smorfia. E il rischio infezioni? «Io non ho problemi», risponde la moglie, Gina Bertolla. «Ci laviamo le mani spesso».  Accanto c'è la pizzeria al taglio San Michele. Ma il trancio con il bancomat non si compra. «Certo, capita spesso che ce lo chiedano», dice Adel Guirgis. «Ma non posso strisciare per 1 euro e 80. Consumerei scontrini e Pos: oggi un rotolo da 50 te lo fanno pagare come uno da 30. Il ministero dell'economia non ha alti problemi a cui pensare?».  Niente pizza e niente taxi. «No, il bancomat non ce l'ho», spiega Paolo Mhili della coop Radio Taxi in piazza Duomo. «I costi sarebbero più alti delle spese: la corsa minima è di 5 euro e 50...».  E il caffè? All'Oriola bisogna avere le monetine. «Altrove mi hanno chiesto di pagare lo spritz con la carta, qui mai», dice Adina Bortig, dietro il bancone. «Io senza contanti al bar non ci entrerei: farei perdere tempo a chi lavora. Se mi succede offro io». Come soluzione no-cash potrebbe andare bene.

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