«Il mio Erasmus? Ha portato più pace in questa Europa» 

Sofia Corradi, ideatrice del programma di studi, oggi riceverà il premio Degasperi alla festa dell’Autonomia


di Maddalena Di Tolla Deflorian


TRENTO. Il programma Erasmus ha portato milioni di studenti universitari a studiare in paesi europei diversi dal proprio. Ha allargato orizzonti. La sua ideatrice, Sofia Corradi, oggi riceverà per quella sua intuizione e battaglia civile il Premio Alcide Degasperi, nel contesto della festa dell’Autonomia (ore 17, Sala Depero). Corradi fece nascere l’idea del riconoscimento degli esami sostenuti in università europee spinta da una delusione: lei stessa, studente di Giurisprudenza in Italia, aveva ottenuto un prestigioso Master in Diritto comparato presso la famosa Columbia University, negli Stati Uniti. In Italia non riconobbero gli esami sostenuti oltre oceano, per altro grazie a una celebre borsa di studio ma la sbeffeggiarono pure, al momento della richiesta. Oggi Erasmus ha talmente successo, che è stato recentemente rifinanziato (fino al 2021) con un imponente budget pari a ben quindici miliardi di euro (avete capito bene, parliamo proprio di MILIARDI). Si tratta di un incremento rispetto al precedente finanziamento del 45%. Erasmus coinvolge tremila università o istituzioni di istruzione superiore europee e tre milioni di studenti, consentendo loro di compiere uno o due semestri di vita e di studio in un Paese diverso dal proprio, con pieno riconoscimento degli studi e dei crediti esteri ai fini del conseguimento della laurea in patria. Dal 2014 sono previste analoghe forme di mobilità nel mondo della produzione e del lavoro, estese a Paesi extra-europei.

Sofia Corradi, 84 anni portati con energia invidiabile e visione lucida di cosa ha senso, è stata fino al 2004 appassionata Professoressa di Educazione Permanente all’Università Roma Tre. Sin dal 1969 ha ipotizzato un programma di mobilità tra atenei. Nei 18 anni successivi ha lavorato perché quest’utopia si realizzasse. Ha ricevuto diversi premi prima di questo. Tanto che il suo medico le dice spesso che sarà questa soddisfazione a donarle altri anni di salute di ferro. Le abbiamo chiesto di raccontarci cosa ricorda e cosa prevede.

Che Università era quella in cui lei ideò gli studi all’estero dei ragazzi europei?

Era quella degli anni Sessanta un’ università in cui imperava un immobilismo assoluto tanto per gli studenti quanto per i professori. Lo studente, quando entrava in Ateneo, si vedeva consegnare un libriccino intitolato “Ordine degli studi”, con un elenco di esami che doveva dare. Punto e tutto finiva lì. Obbedisci ed esegui. I fermenti del 68 erano però fervidi.

E hanno portato grandi cambiamenti...

Le due molle che hanno mosso me a lottare per arrivare al Programma Erasmus sono due: l’ esigenza di democratizzare l’ insegnamento universitario e la promozione della pace tra i popoli. Per altro nei Trattati europei l’istruzione non era menzionata come elementi d’integrazione europea, e dunque io ho avuto davvero tutto e tutti contro la mia azione per gli scambi e il riconoscimenti degli esami. Le burocrazie hanno resistito fino a che hanno potuto.

Per lei la battaglia pro Erasmus fu anche una campagna per il pacifismo internazionalista. Oggi che senso ha Erasmus?

Ha ancora un senso profondo, anche in termini di promozione della pace, eliminazione delle barriere tra persone, caduta dei pregiudizi. Lo raccontano direttamente gli studenti quando tornano. Le statistiche dimostrano inoltre due cose inconfutabili: l’erasmiano di ritorno quando si laurea trova lavoro in metà tempo dei colleghi rimasti in Italia. Non solo, dopo che hanno trovato lavoro, gli erasmiani impiegano per fare carriera dieci anni, arrivando di media a posizioni direzionali. Sono particolarmente lieta di questo premio perché anche Degasperi non vedeva l’Europa principalmente come promozione di intesa fra stati ma come promozione di una pace tra i popoli, di un’ amicizia e comprensione tra i popoli delle varie zone d’Europa.

Che esperienza fu per lei studiare all’estero?

Era stata esattamente la stessa che raccontano gli studenti erasmiani di oggi: per me fu la più bella esperienza della mia vita,solo che per me non portò a far riconoscere il mio sforzo, per i ragazzi di oggi sì

Cosa significa Europa per lei oggi? Resisterà di fronte al populismo antieuropeista per esempio del nostro governo come di altri?

L’Europa è una cosa umana, ha dei difetti: miglioriamola ma per carità non abbandoniamola. Sussume valori e principi. Io non sono preoccupata, sono ottimista. Sono convinta che nessun politico pensa davvero di uscire dall’ Europa.

Che prospettiva ha di fronte il progetto oggi?

Viene ritenuto il programma di maggior successo di tutto quello che fa l’Unione europea. Da fonti autorevoli so che si pensa già per il periodo 2021-2027di raddoppiare il finanziamento: insomma, roba (positiva) da non crederci. Consideriamo che per conquistare alla causa dell’integrazione europea un agricoltore si spende dieci volte quello che occorre investire per la stessa opera per uno studente erasmiano.













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