Il Comune di Pergine esce dal progetto Cederna

La giunta ha deciso di non aderire alla ricapitalizzazione di Pergine Sviluppo


Roberto Gerola


PERGINE. Il Comune di Pergine con un pugno di mosche in tema di "ex Cederna"? A distanza di otto anni, l'avventura termina con "una automatica uscita dalla compagine sociale" (la Pergine Sviluppo srl). Se ne vanno così i 40.000 euro spesi per aderire alla società.

La società nel 2004 era una spa (era il 25% per capitale sociale), ma assieme ai 40mila euro citati se ne vanno anche i 984.158 di valore che risultava da una perizia effettuata per poter mettere all'asta la quota di partecipazione. Dell'argomento se ne discuterà in sede consiliare nella riunione convocata per martedì prossimo. Ma la delibera predisposta per quella serata non fa presagire nulla di buono. Appunto la decisione di «non aderire alla sottoscrizione del capitale sociale e del relativo sovrapprezzo della società Pergine Sviluppo srl offerto in opzione ai soci» e che il Comune esce dalla società.

Si tratta pur sempre di una proposta di delibera.  La vicenda era nata male subito. Fin dai primi giorni, l'ipotesi di realizzare una «riqualificazione urbanistica dell'area industriale dismessa in via Bellini» aveva trovato molte voci contrarie. Si basavano soprattutto sul fatto che si trattava di un'operazione immobiliare "mega" composta da comparti direzionali, residenziali, artigianali da 50 milioni. Il tutto con il Comune nei panni di "immobiliarista", oltre al traffico veicolare anche pesante che avrebbe interessato il centro abitato, oltre a "mangiare" uno spazio che poteva essere utilizzato in maniera più rispettosa dell'ambiente. Avrebbero dovuto trovare spazio su un'area di 25.000 mq appunto quella occupata dall'opificio "Cederna Fodere spa".

Si acquistò il complesso, si demolirono capannoni e abitazioni dei dipendenti, si scavarono metri di terreno inquinato tanto che si spesero migliaia di euro per il suo smaltimento (conteneva arsenico). Dovevano trovare spazio decine di alloggi, sedi di aziende artigianali, spazi pubblici (pochi), una sala pubblica, forse un supermercato. Erano stati coinvolti l'Associazione artigiani con 80 mila euro e la Cassa rurale di Pergine che ne mise 40 mila euro, ma poi riuscì a vendere la propria quota da un giorno all'altra per 750.000 euro.

Inutili le battaglie dell'opposizione col centrodestra in prima fila, per osteggiare l'operazione. Ma l'allora sindaco Renzo Anderle decise così appoggiando le richieste di Dario Beber (l'allora presidente degli artigiani) che chiedeva nuovi spazi per insediamenti. Tutto si arenò nel giro di pochi mesi. Il sindaco Silvano Corradi fin dal suo insediamento aveva espresso la volontà di disfarsene al più presto: i debiti mangiarono il capitale sociale. Poi, l'opzione offerta: capitale sociale di 100.000 euro e sovrapprezzo di 300.000 da sottoscrivere in base alle partecipazioni entro il 15 aprile.













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