I parroci: può ispirare una primavera di fede

L’auspicio dei «colleghi» è che la Chiesa trentina possa essere protagonista di una rivoluzione, che faccia rivivere lo spirito del Concilio Vaticano II


di Luca Marognoli


TRENTO. Un episcopato che metta al centro le persone e la loro ricerca di senso, fondato sulla fede, ma anche sul rinnovamento. Per una primavera della Chiesa trentina, nel segno del Concilio Vaticano II. Don Lino Zatelli, parroco di San Carlo, è convinto che con monsignor Lauro Tisi alla guida, l’Arcidiocesi di Trento possa diventare un’esperienza “creativa” in grado di fare scuola, un modello pastorale imperniato sull’umanità secondo lo stile del pontefice. «Credo che sarà un episcopato sotto il segno della carne delle persone, una per una - afferma - dove si evitano le luci della ribalta, perché lui è un uomo che ama molto il silenzio: ascolta, consiglia, abbraccia, ama. Rifugge da istituzioni ed enti; ama invece il rapporto con i singoli. Come è la vita di ogni parroco: mi pare che assomigli molto a Papa Francesco, nello stile del contatto con le persone».

Lo attende una sfida difficile: «Avrà un lavoro molto, molto impegnativo: da una parte occorrerà una fede grande perché la Diocesi ha pochi sacerdoti, tanto che lui ha creato queste unità di base allargate; dall'altra una capacità di rinnovamento della Chiesa, nel segno del Concilio Vaticano II, che noi abbiamo un po’ dimenticato: nel ’65 era una primavera, era cambiato il mondo, poi è diventato autunno e infine inverno. Speriamo che questo episcopato sia anche una primavera della Chiesa trentina: potremmo essere dei creativi in campo nazionale. Nel senso di questo aggancio enorme alla fede, ma anche di voglia di cambiamento. I sacerdoti tutti si aspettano da lui una svolta nella ristrutturazione della Diocesi, nei suoi gangli, in quelle che sono le proposte, partendo dall'annuncio, dalla catechesi, dalla riorganizzazione delle parrocchie: una nuova gestione di esse come comunità di base più che come enti gerarchici e di giurisdizione di territorio».

Le tematiche di oggi sono di grande portata: «Di fronte alle enormi questioni etiche, se tu guardi alla persona i problemi li risolvi. Noi parroci lo sperimentiamo: ci sono mille domande. Se guardi ai massimi sistemi, all'ideologia, alla politica, alla morale, è difficilissimo. Questa è la rivoluzione che dovrebbe fare tutta la Chiesa. Partire dall'amore della persona, una per una: credo che Lauro potrebbe smuovere la situazione su questo».

Don Marco Saiani, 60 anni, parroco di Gardolo, stima molto Tisi: «Mi associo a quanto ha detto di lui il vescovo: conosce la nostra diocesi, i sacerdoti, è preparato, ferrato sui bisogni pastorali di questo nostro tempo: le necessità di riferimenti e di orizzonti di senso. Conosce anche ciò che c'è nella mente e nel cuore dell'uomo perché ha fatto da guida spirituale e lo fa tuttora. In linea con Francesco? Don Lauro viene da una famiglia semplice, sa cosa vuol dire il lavoro, la fatica, conosce situazioni di povertà, la vita di paese. È cresciuto in una comunità semplice, però ha studiato e si è preparato. Anche la sua sensibilità umana lo rende adatto a fare il sacerdote. E quindi il vescovo: perché bisogna essere prima preti, poi si viene scelti». In questo momento storico - aggiunge don Saiani - «dobbiamo costruire un tipo di pastorale che tenga conto del fatto che il numero dei sacerdoti sono calati, ma la comunità può attrezzarsi, riscoprendo delle risorse e dei carismi che ci sono in tanti cristiani: non è necessario che faccia tutto il sacerdote». Un rapporto stretto, quello del nuovo arcivescovo con le parrocchie: «L'ho apprezzato e chiamato più di una volta come relatore e persona che aiutasse i giovani a riflettere e a capire la loro vita. L'uomo di oggi è un po' perso: un punto interrogativo a se stesso. Per capire la vita bisogna partire da chi ce l'ha data, Dio. Noi siamo a sua immagine».













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