Hanno disinvestito “forzando” la legge

Lascito Pasqualini: l’ordinamento regionale delle case di riposo imponeva al cda di non immobilizzare in banca i ricavi


di Paolo Morando


CASTELLO TESINO. Mettiamola così: se voi foste amministratori pubblici avveduti, mai vi sognereste di ballare sul filo delle leggi che regolano il vostro settore. Figuriamoci poi, quelle stesse leggi, richiamarle nero su bianco negli atti ufficiali con i quali vi apprestate quanto meno a forzarne l’interpretazione: non fosse altro, almeno per una elementare questione di furbizia. Risulta incredibile, ma i membri del consiglio di amministrazione dell’Apsp “Suor Agnese” di Castello Tesino sembrano esser riusciti a fare l’una e l’altra cosa. Ma in realtà non c’è neppure troppo da stupirsi, considerata l’incredibile serie di circostanze che ha fin qui caratterizzato la vicenda del lascito Pasqualini, che sintetizziamo nella colonna a destra.

La delega alla presidente. L’ultimo atto della saga è in realtà il primo, quello che dà origine al patatrac: la decisione cioè di portare all’incasso i Btp prima del dovuto. E soprattutto, senza avere nel frattempo approntato un diverso piano d’investimento. Una scelta sciagurata le cui conseguenze sono pesantissime. Sono due,le delibere con cui, all’unanimità, il consiglio d’amministrazione dell’Apsp (la presidente Fulvia Nervo, il vice Dante Franceschini e i consiglieri Stefania Ballerin, Vincenzo Mauro ed Elisa Menguzzo) ha iniziato a infilarsi in un tunnel senza uscita. La prima è la numero 21 datata 7 ottobre 2013, dunque appena un mese e mezzo dopo l’insediamento degli attuali amministratori. Oggetto dell’atto: “Delega al Presidente di alcune funzioni del Consiglio di Amministrazione previste dallo Statuto dell’Apsp”. Di per sé nulla di che: si tratta della potestà di assumere provvedimenti in determinate circostanze senza dover convocare ogni volta il cda, pratica usuale per garantire un’amministrazione oliata e non ingessata. Tra le materie delegate al presidente, e qui sta il punto che interessa, figura anche il seguente: «Prevedere particolari forme di investimento finanziario ed immobiliare che non siano state già ricomprese nei programmi aziendali approvati dal Consiglio di Amministrazione». Che però, essendosi appena insediato, non ha quasi mosso ancora un dito, né in questa né in altre direzioni. Campo libero per la presidente, dunque, che però - recita la delibera - «dovrà informare il Consiglio stesso degli atti adottati, mediante comunicazione dell’elenco dei provvedimenti deliberativi assunti (decreti) con l’indicazione di ogni singolo oggetto, da effettuarsi nell’udienza successiva». Fissiamo questo passaggio: ci si tornerà. Perché, diciamolo subito, l’esistenza di tali decreti è tutt’altro che certa.

Il piano di investimenti. La seconda delibera del cda è invece la numero 23 del 25 novembre sempre del 2013: in questo caso l’oggetto è “Approvazione delle linee guida piano investimenti patrimoniali della Apsp”. E si tratta nient’altro che della presa d’atto di un documento intitolato “Analisi ed impostazione strategica relativa al portafoglio titoli ed azioni della Apsp”, di cui la presidente Nervo dà lettura anche al Collegio dei revisori e che viene fatto proprio dallo stesso cda: «Tale impostazione - recita infatti la delibera - definisce le linee guida del piano investimento patrimoniale istituzionale adottato dal Consiglio di Amministrazione». Un documento curioso già per come si presenta: non è su carta intestata dell’Apsp, di cui riporta solo un timbro successivo, e pur facendo parte integrante della delibera, a differenza di quest’ultima risulta essere una semplice scansione. Il che sembra suggerire che sia stato messo nero su bianco all’esterno degli uffici della casa di riposo, forse per mano - visto il gergo tecnico utilizzato - di chi fino a quel momento gestiva il portafoglio titoli della “Suor Agnese”: vale a dire la Cassa Rurale Valsugana Tesino, che per l’Apsp curava (e cura) il servizio tesoreria. Ma soprattutto un documento, più che curioso, alquanto strampalato nel merito di ciò che sostiene. E ci si ritornerà nei prossimi giorni: oggi lo spazio non lo consente. Basti però dire che quanto avvenuto, cioè la dismissione dei Btp, cozza inesorabilmente contro le indicazioni di quello stesso documento. A parte questo, e già sarebbe abbastanza, è un passaggio della premessa della delibera a far sobbalzare sulla sedia. È quando si richiama la legge regionale 7/2005, cioè lo stesso ordinamento delle Apsp, in particolare l’articolo 5 comma 5. Che così recita: «L’alienazione di beni mobili e immobili, di titoli, nonché di altri valori capitali deve, di regola, essere seguita: a) da reinvestimento di pari importo incrementativi dei beni mobili ed immobili; b) da reinvestimento in titoli; c) dall’affrancazione di prestazioni passive perpetue o di lunga durata; d) da altri investimenti incrementativi del patrimonio dell’azienda». Chiaro, no? Tu, Apsp, intendi alienare parte dei tuoi beni? Nulla osta: basta che reinvesti il ricavato, in altri titoli o con altre operazioni che comunque ti facciano guadagnare. Esattamente ciò che non ha fatto la “Suor Agnese”, che ha invece disinvestito l’intero portafoglio immobilizzando poi il tutto in banca, in attesa di individuare un gestore professionale che ancora tarda. Tutto questo alla faccia del “reinvestimento incrementativo” richiesto dalla legge. A meno che, di questi tempi, non si voglia considerare tale il deposito su conto corrente.

Il giallo dei decreti. Il cda è stato tenuto al corrente della manovra di disinvestimento come prescriveva la delibera, cioè «mediante comunicazione dell’elenco dei provvedimenti deliberativi assunti»? C’è da dubitarne: nel sito dell’Apsp, infatti, tra la ventina di decreti della presidente non ve n’è traccia di alcuno relativo al patrimonio. Le comunicazioni sulla vendita dei titoli potrebbero allora essere avvenute verbalmente, nelle riunioni del cda. E pazienza. Ma perché si è voluto fare a meno della tracciabilità degli atti?

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