SOLDI PUBBLICI

Gli ex, rabbia e silenzio: «Ora basta insultarci»

Pahl: «Politici populisti, noi difendiamo la nostra immagine e i nostri meriti Ci sono vedove di colleghi, anziane e malate, che vivono con 2500 euro»


Chiara Bert


TRENTO. «Con i ricorsi difendiamo la nostra immagine, i nostri meriti per l’impegno durante decenni per il bene della nostra popolazione. E difendiamo la certezza del diritto palesemente violato dal legislatore regionale». Conviene iniziare da qui, dalla lettera che Franz Pahl (presidente dell’associazione degli ex consiglieri) ha inviato ieri ai firmatari dei 66 ricorsi contro la legge regionale che ha ridotto gli anticipi dei vitalizi. Di questi, 50 sono quelli notificati mercoledì al consiglio regionale, altri 16 sono in arrivo - via posta - da Roma. «Nelle ultime settimane - scrive Pahl ai ricorrenti - il gruppo di lavoro dell’associazione si è dedicato giorno e notte» per consentire la presentazione dei ricorsi nei tempi ammessi. L’ex falco della Svp si scaglia ancora una volta contro il presidente del consiglio regionale Diego Moltrer, che ieri ha comunicato i 50 nomi dei ricorrenti e che secondo Pahl avrebbe violato la legge sulla privacy: «Non ha esitato neanche un minuto per pubblicare tutti i nomi, come se fosse un delitto presentare un ricorso». Poi Pahl si lancia in difesa delle vedove (finora 6) che hanno presentato ricorso contro il taglio del 20% dell’assegno di reversibilità: «Ci sono persone molto anziane e malate che devono vivere con un vitalizio di meno di 2 mila euro e con meno di 500 euro (di pensione, ndr) e si vedono adesso decurtate del 20% solamente perchè piace così a politici che si lasciano trascinare dal populismo». L’associazione lamenta di aver chiesto a Moltrer gli indirizzi delle vedove per aiutarle a presentare i ricorsi, ma il presidente ha risposto picche: c’è la privacy e non è compito suo fornire indirizzi. Infine Pahl rassicura gli ex, che presume assediati dalla stampa: «Nessuno di voi ha un obbligo di rispondere alle eventuali domande dei mass media».

Le reazioni degli ex consiglieri, il giorno dopo la pubblicazione dei nomi sui giornali, oscillano tra il silenzio e la rabbia. C’è chi - come i recordmen dei vitalizi, Morandini e Delladio - non risponde al telefono come avviene dall’inizio dello scandalo. È imbufalito invece Mario Magnani, ex Upt poi Gruppo Misto: «Non dico assolutamente niente, siamo oltre i limite della decenza con questo diamogli addosso ai politici. Bisognava agire pro futuro e non per il passato. C’è gente che ha lavorato con impegno e onestà, non sopporto più che tutte le volte si debba essere sbattuti in prima pagina. Voglio verificare la costituzionalità di certe scelte».

Risponde cordiale l’ex assessore Patt Sergio Muraro: «La cosa che più mi dà fastidio è essere tacciato di essere ladro e approfittatore. Io non ho chiesto nulla né votato questa legge, ho sempre fatto il mio lavoro con onestà e rispetto del denaro pubblico. Voglio che sia un giudice a dire cos’è legittimo: se dirà che è corretta la legge del 2014, non mi sottrarrò e restituirò quanto mi è stato chiesto». Imbarazzo nei confronti del Patt e delle parole di Moltrer (che ieri si è detto amareggiato per i ricorsi, ndr)? «Assolutamente no, Moltrer sta facendo il gioco dell’opinione pubblica per cercare consenso».

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Non si sottrae l’ex presidente autonomista Carlo Andreotti: «Per me non è una questione di soldi, ma di rispetto. Non accetto di essere stato criminalizzato dai miei successori senza avere nessuna colpa, visto che nel 2012 il consiglio regionale non ci ha fatto una proposta ma ci ha obbligati a scegliere tra due opzioni. Noi ex consiglieri eravamo disposti a trovare una soluzione equa, ma ci hanno sbattuto la porta in faccia. Allora perché oggi hanno così paura dei ricorsi? La verità è che c’è stata una gara tra presidenti a chi era il più feroce nel ricostruirsi una verginità dopo la legge del 2012. Certo che siamo dei privilegiati, ma le leggi non le ho fatte io». Confessa di non aver speso i soldi ricevuti come anticipo l’ex consigliera Caterina Dominici: «Non li ho più, li ho usati per finanziare la piccola lista con cui mi sono candidata alle ultime provinciali. Sono tra quelli che hanno preso meno (171.907 euro, di cui 49 mila da restituire) e ho sempre lavorato giorno e notte, finanziando associazioni culturali e sociali». Se il giudice ci darà torto? «Farò un mutuo e pagherò fin quando crepo».













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