Fortunati e bidonati La riforma farsa divide il consiglio

Mentre i «collezionisti di legislature» maturano i vitalizi a soli 60 anni, in quattro aspettano i 66 e restituiscono tutto



TRENTO. Dai superprivilegiati ai “bidonati”. La riforma-farsa sui vitalizi, oltre che cedere di fronte alla pressione dei “peones” (come afferma anche il professor Pombeni nell’intervista a fondo pagina), smantellando l’impianto iniziale, presenta disparità non da poco nel trattamento riservato ai consiglieri. Se infatti si è deciso di concedere il vitalizio a partire dai 60 anni, facendo gridare allo scandalo chi - come tutti i comuni mortali, - deve attendere i 66, restano fuori dai “privilegi” quattro consiglieri: Lunelli, Depaoli, Chiocchetti e Bombarda.

La riforma prevede questo beneficio solo a chi ha compiuto 3 o più legislature (con un taglio del vitalizio del 10 per cento per chi ne ha all'attivo 4 e del 12 per cento per chi ne ha 3). Per chi di legislature ne ha all’attivo solo due, invece, l’età minima resta fissata a 66 anni e viene meno anche il diritto alle somme anticipate e al fondo Family. Lunelli, per esempio, restituirà i 169 mila euro che gli erano stati versati, ma non fa una piega. «Sono tornato al mio lavoro e continuerò a farlo fino all'età pensionabile, come tutti gli altri lavoratori. Sono contento di non avere alcun privilegio», commenta. Depaoli dovrà restituire 175 mila euro, Chiocchetti 169 mila e Bombarda 167 mila. Solo per quattro persone, in altre parole, si è avuta una riforma degna di questo nome, mentre chi ha fatto collezione di legislature se l’è cavata con parecchi “sconti”.

Vediamo alcune posizioni differenziate. Delladio e Andreotti (4 legislature) e Morandini (5 legislature), in quando già beneficiari del vitalizio, per il principio dei diritti acquisiti, manterranno le attualizzazioni pur decurtate del 29% medio. Delladio scenderà da 1,322 milioni a 860 mila euro, Andreotti da 785 a 582 mila, Morandini da 1,112 milioni a 792 mila euro. Delladio, non avendo maturato né i 66 anni né i 60, subirà una decurtazione del 10% dell'assegno mensile di 2.900 euro, percependone 2.610, ma in alternativa potrà scegliere di ritornare al vitalizio originario tagliato del 20%. Lo stesso vale per Pinter, che ha già preso anch’egli l’anticipo.

Mellarini è alla terza legislatura: non è beneficiario di vitalizi in quanto in carica. Oltre al taglio medio del 29% sull'attualizzazione, avrà diritto ad avere il vitalizio a 60 anni con un taglio del 12% sulla stessa attualizzazione (il 41% di 180 mila euro è pari a 106 mila euro) e uno del 12% sull'assegno mensile (pari a 2.550 euro).

Diversa ancora la situazione per l’attuale presidente Rossi, che è alla seconda legislatura. Ha avuto i 210 mila euro a gennaio (contributi versati nel corso delle precedente legislatura più gli interessi), mentre per l'attuale legislatura riceverà una pensione integrativa che sarà calcolata in base ai contributi versati nella sua precedente occupazione. Nel caso di chi abbia pochi contributi la Regione pagherà il 24% dell'indennità, per chi ne ha molti il 12%. La pensione varierà dunque dai 300 agli 800 euro mensili (Rossi si avvicinerà di più ai 300).

Infine l’ex governatore Dellai, che ha fatto tre legislature ma non gode dei vitalizi in quanto deputato (oltre a non avere l'età). Potrà andare in pensione a 60 anni con il sacrificio del 12% sui 2.900 euro (pari a 2.550) e sull'attualizzazione (che scenderà da 572 mila a 503 mila). Inoltre, in base alla normativa sul cumulo, non potrà superare comunque i 9 mila euro lordi.

Intanto la protesta continua. Dopo i presidi, Ezio Casagranda annuncia un referendum abrogativo della legge in autunno.

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