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Ex Hilton, è ufficiale: si chiude a marzo

Nulla di fatto, ieri, all’incontro tra lavoratori e azienda. Avviata la procedura di mobilità. La Cgil: sostegno ai dipendenti


di Gilda Fusco


TRENTO. Ormai è ufficiale: l’ex Hilton, ora Casa Moda Italia (Cmi), chiuderà i battenti entro fine marzo. Tempi brevissimi, che non prospettano soluzioni rosee. Ci hanno sperato fino all’ultimo, ieri, i 57 dipendenti che rischieranno di trovarsi senza un lavoro: hanno presidiato la sede di Confindustria per tutta la durata dell’incontro tra azienda e sindacati (cominciato alle 14.30 e durato un paio d’ore), confidando che almeno un settore della sede di Mattarello sarebbe potuto rimanere aperto. Ma non c’è niente da fare, l’impresa ha altri piani: concentrare i suoi sforzi nelle sedi di New York e Milano, dove il mondo dell’alta moda è senz’altro più forte che a Trento.

Ieri pomeriggio, quindi, è stata avviata la procedura di mobilità. Adesso ci sono 75 giorni di tempo perché azienda e parti sociali trovino un’intesa, ma se l’intesa non si trova sarà l’azienda a decidere per conto suo. Già la mattina del 7 febbraio ci sarà il prossimo incontro per entrare nel merito della questione, e poi ce ne sarà un altro il 14. Adesso, quindi, l’obiettivo dei sindacati è quello di trovare un accordo per gestire al meglio il problema occupazionale. «La nostra speranza è che l’azienda adotti un piano sociale per gestire gli esuberi, per ricollocare i lavoratori – ha dichiarato Mario Cerutti, segretario di Filctem-Cgil – ma l’impressione è che una soluzione del genere ce la dovremo davvero conquistare». Già, perché Cmi non ha detto di no, ma nemmeno di sì: la risposta è stata che valuteranno attentamente la situazione, fermo restando che in questo momento per l’azienda Milano rappresenta il perno del loro modello di business. Che è come trincerarsi nel silenzio.

Certo, però, lavoratori e sindacati non hanno alcuna intenzione di gettare la spugna: «Il piano dell’impresa è di assegnare ad altre ditte di Milano le funzioni che finora sono state svolte nella sede di Mattarello – ha spiegato Cerutti – ma chi perde il lavoro oggi ha grosse difficoltà ad essere ricollocato, soprattutto se sono lavoratori altamente specializzati come quelli della Cmi. Noi, quindi, ci batteremo affinché l’azienda possa mantenere alcune attività qui oppure portarne di nuove, per riassorbire almeno in parte i 57 esuberi». Certo, miracoli non se ne possono fare, ma possiamo stare certi che lavoratori e sindacati si batteranno fino all’ultimo per spuntare qualcosa. Anche perché la rabbia è tanta: «L’azienda è pienamente legittimata a chiudere, ma noi non condividiamo questa scelta. Non è che vieni qui per cinquant’anni, raccogli le risorse presenti sul territorio e poi te ne vai lasciando le macerie», ha ribadito Cerruti sulla falsariga dell’assessore Alessandro Olivi, che già due giorni fa si era espresso in termini analoghi a seguito dell’incontro con i sindacati.

E nonostante l’imprescindibilità della chiusura, c’è ancora un filo (esile, molto esile) di speranza: «Quello che ci aspettiamo adesso – ha concluso Cerutti – è che la politica e l’opinione pubblica facciano pressioni perché l’azienda si prenda la responsabilità di trovare una soluzione al problema occupazionale. Perché, nonostante gli ammortizzatori sociali, oggi chi perde il lavoro è in seria difficoltà». Intanto, domani in fabbrica ci sarà un’assemblea per fare il punto della situazione.













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