«Eterologa, regole subito o sarà di nuovo Far West»

La sociologa Saraceno: «Basta rinvii, servono criteri per garantire diritti potenzialmente in conflitto. Altrimenti partiranno le cliniche private»


di Chiara Bert


TRENTO. Regolamentare la fecondazione eterologa, e farlo in tempi rapidi, per evitare che riparta il Far West che discrimina le persone tra chi può permettersi un certo trattamento e chi no. È il pensiero della sociologa Chiara Saraceno.

Professoressa Saraceno, sulla fecondazione eterologa il governo ha rinviato il dibattito al parlamento e si dibatte se serva o no una legge. Lei cosa pensa?

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale mi sembra evidente, lo ha detto lo stesso presidente, che non occorre una nuova legge. Sui temi dei diritti civili nel nostro Paese c’è sempre un continuo rimando. Oggi bisogna semplicemente aggiornare il regolamento della legge 40, occorre che siano garantiti i diritti delle persone coinvolte. A meno che non si voglia cogliere questa occasione per allargare le tecniche di fecondazione assistita anche ai single, cosa che non mi sembra all’ordine del giorno.

Quali dovrebbero essere i paletti della regolamentazione?

Occorre garantire la sicurezza sanitaria e la non commercializzazione di gameti, e in questo senso esistono già delle direttive europee che l’Italia può semplicemente applicare. Anzi, l’Italia arrivando tardi a regolamentare, può avvalersi dell’esperienza di altri Paesi.

Resta però aperta la delicata questione dell’anonimato. Lei ha recentemente insistito proprio sui diritti potenzialmente in conflitto.

In questo caso i Paesi si sono comportati diversamente ma anche quelli che hanno deciso per l’anonimato, oggi sono messi alle strette perché si considera il diritto dei nati a conoscere le proprie origini biologiche.

Il problema è: fino a che punto va garantito questo diritto a conoscere?

Questo diritto è sempre subordinato all’assenso del donatore, così come - quando parliamo di adozioni - del genitore che non riconosce il figlio. Così come per i figli adottivi c’è la possibilità, dopo la maggiore età, di chiedere di conoscere l’identità della madre biologica, lo stesso si potrebbe fare con i donatori di gameti.

Nei Paesi dove si è tolto l’anonimato si è però registrato un crollo di donatori.

Se i donatori temono che qualcuno un giorno li possa rincorrere, non doneranno. Sta nella loro libertà. Io penso che sia assolutamente necessario che vengano garantite le informazioni genetiche e sanitarie. Sui dati anagrafici, la situazione non è uguale all’adozione: perché qui non c’è stato un abbandono, ma un contributo alla messa al mondo. Quindi non spingerei il diritto a conoscere fino in fondo.

Altro punto sensibile: consentire o no la scelta delle caratteristiche fisiche del donatore?

Il ministro Lorenzin ha detto che non dobbiamo essere razzisti. Io rispondo che un conto è adottare un bambino che già c’è, altro è mettere al mondo un bambino e volerlo il più possibile simile a me. Mi sembrerebbe crudele caricare chi nasce del peso aggiuntivo di avere un colore della pelle diversa da quello dei suoi genitori.

Significa lasciar scegliere anche colore degli occhi e dei capelli? Il direttore del Centro di procreazione di Arco ha detto che questa selezione gli fa paura.

Infatti mi fermerei al fenotipo, nell’interesse del bambino. Anche perché anche nelle nascite naturali le combinazioni genetiche sono moltissime nel corso delle generazioni. Io per esempio ho due nipotine, una bionda con gli occhi azzurri, la sorella bruna.

Il comitato per la bioetica ha comunque dato l’indicazione ai genitori di non nascondere ai figli la loro origine biologica.

Sono d’accordo: prima o poi, anche per motivi sanitari, bisognerà dire la verità. Ma anche in questo caso c’è una diversità rispetto all’adozione, dove l’informazione va data il prima possibile. Nel caso della procreazione assistita i tempi possono essere diversi: ma certo anch’io sono convinta che un figlio non debba subire uno shock magari in occasione di un incidente. E perché in generale i segreti in famiglia non fanno bene.

È ottimista che il parlamento riuscirà a esprimersi in tempi ragionevoli?

Purtroppo no, perché troppe proposte di legge giacciono ferme in parlamento. L’unica cosa che mi conforta è che esiste una sentenza della Consulta chiarissima, che dice che la fecondazione eterologa non può essere vietata. Io sarei per un regolamento veloce, che è uno strumento più flessibile. Oggi c’è un’urgenza. L’obiettivo della sentenza della Consulta è stato proprio evitare il Far West turistico che discrimina sulla base del censo. Oggi ci sono coppie che vanno in Spagna, o in Ucraina, dove uno ha il bambino chiavi in mano.

Teme che si possa tornare ad una situazione di deregulation?

Ho l’impressione che partiranno le cliniche private, introducendo di nuovo una discriminazione, e senza che siano stati chiariti i criteri base dal punto di vista dei controlli.

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