Erasmus, la protesta del voto lanciata da una giovane trentina

Valentina Sega, di Ala, iscritta a Sociologia, sta frequentano l’università nel Regno Unito: «Diritto negato, così ho creato un gruppo su Facebook: in pochi giorni ha superato i 5.000 iscritti»


di Giulia Merlo


TRENTO. Valentina Sega, promotrice del gruppo facebook “Studenti italiani che non potranno votare alle prossime elezioni” con più di 5.000 iscritti - che ha catalizzato l’attenzione di media, governo e Unione Europea sul problema della mancata possibilità del voto dall’estero per gli studenti - è prima di tutto questo: una studentessa universitaria di Avio, iscritta al terzo anno di studi internazionali presso la facoltà di Sociologia di Trento. Ora residente a Bath, Regno Unito, dove rimarrà fino a giugno con il progetto Erasmus.

Quando e come è cominciata questa esprienza?

Due settimane fa. Ero in pausa pranzo con altre due ragazze Erasmus italiane, e ci chiedevamo come fare a votare, dando per scontato che fosse possibile. Cercando su internet, ho scoperto però che non era così. Lì per lì sono tornata in biblioteca a studiare cercando di non pensarci più, ma non riuscivo proprio a concentrarmi con questo chiodo fisso in mente. Allora ho pensato di creare la pagina per riunire persone nella mia stessa situazione, senza pensare che potesse poi nascerne qualcosa di più grande.

E gli iscritti sono cresciuti in modo esponenziale.

Il primo giorno eravamo solo 100, il giorno dopo 400 e adesso siamo arrivati a più di 5.000. All’inizio ero da sola a gestire la pagina, poi la situazione ha cominciato a esplodere, e i media si sono accorti di noi. Ora mi aiutano altri quattro ragazzi italiani nella gestione, e ci conosciamo tutti solo tramite Facebook perché siamo tutti in Erasmus in posti diversi: due a Londra, uno in Belgio e uno in Germania. Ora viviamo con la chat di facebook perennemente aperta per coordinarci.

La sua iniziativa rappresenta la voglia della sua generazione di riappropriarsi di uno spazio pubblico: cosa significa per lei votare?

Votare è qualcosa che tutti noi del gruppo sentiamo come un diritto, e toglierlo, soprattutto oggi, è come rubarci l’ennesimo pezzo di futuro. Non avere voce nemmeno così fa proprio male, anche perché quello che si impara stando all’estero non è – come pregiudizio vuole – odiare l’Italia, ma voler bene al nostro Paese e ad aver voglia di portare a casa ciò che si impara.

Vedete ancora qualche possibilità che questo voto vi sia permesso dall’estero?

Purtroppo no, era stata avanzata l’idea di una deroga solo per gli studenti Erasmus, ma sarebbe stata incostituzionale. Il nostro gruppo in primis raccoglie non solo studenti ma anche persone che fanno stage e cooperanti all’estero. Il problema è lo stesso per tante categorie, e anche noi saremmo stati contrari se il voto fosse stato consentito solo per gli studenti Erasmus.

Si è data una spiegazione a questo vuoto legislativo?

Io penso sia stato più un vuoto di pensiero che un vuoto legislativo. Si vede proprio che non ci hanno mai pensato. Assurdo perché al giorno d’oggi tutti i giovani vanno all’estero: in un curriculum universitario è qualcosa che viene dato per scontato e non un valore aggiunto. Ho chiesto ad amici stranieri e tutti possono votare dall’estero, in tutti i paesi europei e persino Messico, Brasile e Filippine. Possibile che in italia non si possa?

Tornerà a votare comunque, o ci sarà una sorta di non-voto di protesta? Alitalia ha messo a disposizione voli a tariffa ridotta.

Io non posso tornare perché ho le lezioni obbligatorie il lunedì e il venerdì. Comunque le tariffe agevolate non servono a nulla, perché i voli scontati di Alitalia sono comunque più costosi di quelli di un qualsiasi compagnia low cost. Tra i membri del gruppo la maggior parte non tornerà, un po’ per un problema economico e di impegni, ma anche un po’ per una questione di principio.

A prescindere dal risultato, Governo, partiti e anche Unione Europea si sono accorti di voi. Qual è il passo successivo, perché i riflettori non si spengano dopo il voto?

L’aspirazione è quella di poter collaborare con un altro gruppo molto forte in rete, a favore del voto fuori sede in Italia, per chiedere che la riforma elettorale risolva anche questi problemi. Sul breve periodo, una ditta italiana di voto elettronico ci ha messo a disposizione gratuitamente la sua piattaforma. Così il 24 e il 25 febbraio faremo votare lavoratori e studenti che risiedono all’estero, e poi comunicheremo i nostri risultati. Credo potrebbe essere un buon modo per dire che questo sarebbe un metodo da prendere in considerazione per il futuro.

Per concludere, cosa le rimane di questa avventura?

Mi ha resa orgogliosa constatare la moderazione degli studenti che sono intervenuti, con volontà di dialogo e collaborazione con istituzioni e governo. Non abbiamo mai voluto parlare con toni arrabbiati. Poi mi ha fatto piacere riscoprire una dimensione quasi associativa in questo movimento, che mi manca ora che sono in Inghilterra.

Un auspicio?

Mi rivolgo ovviamente ai politici, che ci hanno dimostrato solidarietà trasversale in queste settimane. Affinchè le loro non rimangano solo parole per adeguare la legge elettorale.

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