l'indagine

Ecco come le mele normali diventavano «biologiche»

Dalle carte dell’inchiesta sulla Sft e sul Consorzio Valli tutti i trucchi usati per trasformare - solo sulla carta - il prodotto convenzionale in quello più costoso



TRENTO. Mele convenzionali, coltivate con tanto di pesticidi e fitofarmaci spacciate per biologiche, mele provenienti da Mantova o Udine e vendute come trentine. L’inchiesta della Guardia di Finanza sulla cooperativa Sft di Aldeno e sul Consorzio Valli Trentine apre uno squarcio su una realtà tutt’altro che limpida. Dalle carte emergono tutti i trucchi cui si ricorre per far passare una normale mela golden come Bio e tutto questo per lucrare sul prezzo di vendita. Tutto attraverso giochi e artifizi contabili sulle bolle di accompagnamento dei carichi di mele. Per non parlare poi dei «pomi» che arrivano da fuori provincia e sui quali poi compare come per magia il bolino «Trentino». La Finanza e il pm Marco Gallina ipotizzano anche che il Consorzio Valli Trentine abbia trasformato in soci dei semplici conferitori. Questo per raggiungere il tetto dei 20 milioni di euro di valore della produzione, tetto oltre il quale si prendono i contributi dell’Unione Europea. Per questo la Procura ipotizza il reato di truffa contributiva, oltre a quelli di frode in commercio, per le finte mele «bio» e quello di apposizione di contrassegni mendaci. Al momento sono indagati il presidente di Sft Mauro Coser, il direttore Armando Paoli, il mediatore Franco Waldner di Mezzolombardo, e i produttori Loris Odorizzi e Tiziano Moratti. Ovviamente finora si tratta solo di ipotesi.

Mele bio. Forse l’aspetto che allarma di più il consumatore è quello relativo alle mele «bio». I finanzieri hanno riscotruito i trucchi usati per spacciare come biologiche mele normali. Le mele «bio» devono essere certificate da un organismo ispettivo indipendente che effettua visite a sorpresa e controlla il prodotto. I finanzieri innanzitutto hanno esaminato una maxilotto da un milione e 177 mila chili per un importo di 586 mila euro, fattura del 31 ottobre 2011. L’ipotesi è che molte partite di mele appartenenti a questo lotto siano state trasformate da normali a bio con falsi documenti e vari trucchi. I finanzieri fanno alcuni esempi dei trucchi usati. Per esempio il 7 settembre 2011 la Sft riceve da una società privata 23.490 chili di mele red 65 bio trasportate in 72 bins. La bolla indica che si tratta di prodotto biologico certificato dall’Icea. Però il documento necessario per scortare le mele fino a destinazione è stato emesso solo il 2 novembreella merce, il soggetto che ha fatto il trasporto, la targa del camion e l’ora di partenza. Nella stessa giornata la fornitrice ha acquistato due partite di mele normali. Dall’esame, poi, della documentazione del vettore usato normalmente dal fornitore emerge che quel giorno ha fatto solo due viaggi verso Aldeno ed entrambi da produttori convenzionali. Da questo, gli inquirenti deducono che le mele normali siano state trasformate in bio. Ma per trarre in inganno gli enti certificatori si doveva fare altro. Ecco che la Sft avrebbe escogitato un complesso meccanismo. In pratica le mele convenzionali venivano cedute ma restavano formalmente tra le rimanenze. Mentre per le mele bio al contrario si registravano cessioni di merce che in realtà restava in magazzino. In questo modo si creavano partite di merce bio fittizie acquistando e facendo certificare come tali parte della produzione dei conferitori. Gli esempi portati sono numerosi e riguardano lotti anche molto consistenti che finivano sul mercato come bio.

Mele «trentinizzate». Gli inquirenti ipotizzano anche che è stata gonfiata la produzione di molti dei conferitori e dei finti soci della Sft. In un caso, è stata attribuita a un produttore che ha soprattutto ciliegie una produzione di mele più alta del reale di quasi 2 mila quintali. Oltre alle ciliege trasformate in mele, ci sono anche pomi trentinizzati. In particolare arrivavano nei magazzini mele da un produttore di Talmassons, in provincia di Udine, e da un produttore di Cavriana, in provincia di Mantova. Mele che, secondo gli inquirenti, poi venivano vendute come trentine. Questo anche prima che la Sft uscisse dal Consorzio La Trentina.

(u.c.)













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