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Droga a scuola: non si vede ma c’è. «I genitori devono interrogarsi»

Alessandra Pasini, presidente dell’associazione nazionale presidi pone l’accento sul fenomeno: «Mi colpisce il fatto che questi comportamenti siano considerati normali dalle famiglie stesse»



TRENTO. «Se la droga dentro la scuola non si vede, non significa che non ci sia». Alessandra Pasini è la «lady di ferro» dell’istituto Pilati di Cles. Preside e presidente dell’associazione nazionale presidi, sezione di Trento, sorveglia tutto perché, dice: «I ragazzi mi stanno a cuore. Se c’è un problema, di qualsiasi natura, va risolto».

I docenti faticano a dire che a scuola passi la droga.

Non si può nascondere il problema. Tutti devono accettarlo: esiste. Con i colleghi affrontiamo l’argomento. La difficoltà è risolverlo. La percezione è che ci sia un mondo, all’esterno, che contatta gli alunni e che quindi, qualcosa, arrivi nella scuola, ma è difficile da vedere.

Che cosa fa nel suo istituto?

Un gran lavoro di prevenzione, grazie anche ad accordi presi con i carabinieri, agli interventi delle comunità. Un tempo, San Vito di San Patrignano.

La droga entra nella sua scuola?

Dentro no. La percezione che, all’esterno, qualche movimento strano ci sia, resta. Ripeto, la collaborazione delle forze dell’ordine ha il suo peso.

Lei ha mai visto studenti “alterati”?

Se mi accorgo che uno studente ha comportamenti sopra le righe, io avverto i genitori. Lo faccio spesso, quando noto che qualcosa non va. Non per fatti di droga, per tutto. Capita settimanalmente. Se, per esempio, uno studente arriva sistematicamente a scuola con un’ora di ritardo, ma lo si vede girare all’esterno, io mi interrogo.

Ed agisce. Preside sceriffo?

Ma proprio no, cosa dice. Accorta, direi. Chi mostra delle difficoltà va aiutato. E’ un dovere. C’è bisogno che qualcuno si prenda cura di un ragazzo che mostra fragilità.

Da quando dirige l’istituto ha notato dei cambiamenti?

La disciplina è migliorata. Forse perché gli studenti sanno che la scuola è attenta, che presta loro attenzione. Nell’atrio del nostro istituto transitano 1300 studenti. Sono tanti, per forza si osserva, si vigila. Dopo di che ritengo che il fenomeno droghe, in generale, sia più grande di quanto si immagini. Mi colpisce la normalità con cui si parla di droghe, di sballi, tra i ragazzi. E’ quasi come se fossero abitudini entrate nella norma, come anni fa entrò l’alcol.

Che cosa la colpisce maggiormente?

Che tutto questo, questi comportamenti, siano accettati socialmente, spesso anche dalle famiglie stesse. Come dire, succede solo il sabato sera, succede....

Succede e...

Tanto è così, non ci si può fare niente, pensano in molti. Credo che, a questo punto, la comunità degli adulti debba interrogarsi, debba porsi qualche domanda.

(f.q)













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