Dopo-Pacher, il Pd s’interroga: «Avanti anche senza di lui»

L’assemblea in cerca di unità. Nicoletti: «Non condivido le sue critiche». Gilmozzi: «In questi anni ha parlato una minoranza»


di Chiara Bert


TRENTO. «Speriamo che Alberto ci ripensi, è una risorsa importante per il Trentino e il Pd. Ma noi non siamo un partito di personalismi come quello di Berlusconi che senza il leader scompare. Siamo un partito vivo che va avanti». Il segretario Michele Nicoletti ha aperto ieri sera l’assemblea provinciale del Pd, primo momento di confronto interno dopo la decisione di Pacher di non ricandidarsi nel 2013. Seduta di autocoscienza nella sala rosa della Regione, con tanti big, da Tonini a Froner, Dorigatti, i consiglieri provinciali, Wanda Chiodi, Gigi Olivieri. A metà pomeriggio Alberto Pacher era tentato di non partecipare. «Non andare a farti processare», gli hanno consigliato gli amici. Ma altri lo hanno convinto: occorre «portare la riflessione dentro il Pd», come gli aveva chiesto sabato il segretario. Arriva alle 20.30, lo sguardo di chi si è finalmente tolto un peso. «Ho ricevuto testimonianze di affetto da tanta gente, credo che la mia decisione potrà aprire un ragionamento vero dentro il partito». Si siede in terza fila, tra Violetta Plotegher e Maurizio Agostini. Le critiche che ha mosso al Pd - il tradimento della vocazione maggioritaria, lo sbilanciamento a sinistra - sono pesanti. Nicoletti spiega di non condividere la lettura pessimistica: «Vedo un Pd vivo e aperto, lo dimostra il percorso nazionale che sta facendo con le primarie. Questo è ancora più vero a livello locale, dove siamo partito di governo, abbiamo fatto un percorso inclusivo. è su questa strada che intendiamo proseguire». Linea condivisa dal coordinamento provinciale che si è riunito prima dell’assemblea. «In termini di immagine questa per noi è una brutta botta- confessa Roberto Pinter - ma le risorse del Pd non finiscono con Pacher, se è unito il partito ha la forza per costruire una proposta di governo e per assumersi la responsabilità di una leadership autorevole». Unità, appunto. È quella che invoca anche il presidente del consiglio Bruno Dorigatti che esprime affetto per Pacher: «La situazione difficile richiede di ricompattarsi attorno ai temi veri, il lavoro, i giovani, il futuro. Non dilaniamoci con una rincorsa alle candidature. Il partito non dipende dai singoli».

Ma i mal di pancia sono in agguato. I critici di Pacher respingono al mittente le accuse alla linea del Pd: «Lui è un dirigente di questo partito, ha avuto e ha una grande responsabilità nel guidarlo, non può andarsene dicendo quel che dice il Patt e uccidendo il Pd. Così fa il gioco di chi nella coalizione vuole spostare il baricentro dell’alleanza».

Un pacheriano come l’assessore comunale di Trento Italo Gilmozzi (assente ieri all’assemblea) invece la vede così: «Non sono tra quelli che pensano che l’addio di Ale Pacher sia una sciagura, le sciagure sono altre. Ma questo passaggio è un campanello d’allarme. In questi anni ha parlato una minoranza del partito molto critica con la giunta che ha dato un’idea distorta del nostro partito. È ora che cominci a parlare chi finora è stato in silenzio e mi ci metto dentro anch’io. Vedo tanti personalismi di chi antepone i propri interessi a quelli del partito. Oggi ci serve un candidato per la guida della Provincia che sia riconosciuto da tutta la coalizione, o la conseguenza sarà che ci formerà un’altra coalizione». Un altro che Pacher lo consce bene, essendone stato per anni assessore, è Andrea Rudari, oggi consigliere provinciale molto vicino al capogruppo Luca Zeni: «Anche a me preoccupa un po’ un Pd troppo schiacciato a sinistra, una coalizione Pd più Sel mi sembra stretta. Ma confido che a livello locale il nostro partito tenga a prescindere dalle scelte dei singoli». C’è da pensare al 2013 ma anche all’anno che manca alle elezioni. Pacher ha assicurato che resterà al suo posto fino a fine legislatura. Per Alessandro Andreatta «il suo sarà un contributo prezioso perché più libero». Ma in molti temono invece che 10 mesi da vicepresidente reggente (come accadrà se Dellai si candiderà per il parlamento) sapendo già che a ottobre 2013 lascerà, lo renderanno debolissimo nei confronti dei dirigenti provinciali. Altre conseguenze della scelta di Pacher che il Pd si troverà ad affrontare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano