Disoccupato con 4 figli e nessun aiuto pubblico

A un uomo nato e vissuto in Val di Non viene negato il reddito minimo di garanzia
«Che rabbia vedere in giro nullafacenti con macchinoni e sussidio regolare»


di Giacomo Eccher


VAL DI NON. Disoccupato, quattro figli minorenni, residente da sempre in valle, un mutuo (attivo da 10 anni) da pagare per la casa di abitazione, ma non ha diritto al reddito minimo di garanzia. È il caso raccontato al Trentino da un uomo della valle di Non, M.T., che per un cavillo o per un eccesso di zelo burocratico rischia di finire in miseria nera e di perdere anche la casa. Infatti non è nemmeno riuscito ad ottenere la sospensione delle rate del mutuo con il rischio di vedere svanire l'abitazione in una vecchia casa acquistata con tanti sacrifici, dove risiede con la famiglia e che ha ristrutturato un po' alla volta da solo con la moglie, di origine cilena.

«Ho bussato a tutte le porte possibili, ma niente da fare: e mi fa rabbia vedere che ci sono nullafacenti in valle che girano con macchinoni e questo sussidio pubblico se lo prendono regolarmente». Ha anche cercato la strada dell'assistenza pubblica, l'assistente sociale è venuta a vederee ha compilato moduli, ma senza risultato. Una situazione quasi disperata (adesso teme il taglio della corrente elettrica) che può diventare dramma se, con riuscendo a spostare nel tempo le rate del mutuo, un brutto giorno si trovasse sull'uscio di casa l'ufficiale giudiziario con lo sfratto. Una storia difficile di un concittadino “della porta accanto” di cui nessuno pare accorgersi e che le istituzioni si ostinano ad ignorare.

Dietro la vicenda a quanto pare ci sarebbe un cavillo che però è un macigno per il Trentino così generoso con tante altre categorie.

«Non ce l'ho con gli immigrati anche se il dubbio è facile. Io non sono razzista, ho moglie straniera e comprendo chi è costretto ad emigrare. Però non riesco a capire perché io non posso essere aiutato in una situazione che mi auguro sia passeggera, ma che se nessuno mi da una mano rischia di diventare irreversibile». Ciò che lo taglia fuori dal sussidio pubblico sarebbe che l'uomo, dopo 15 anni in un'azienda trentina come camionista, si è licenziato. Il motivo? La lite con il titolare dopo aver scoperto che in tutti questi anni era stato inquadrato come conducente di furgoni (patente B, per intenderci) invece che come camionista (patente C), il lavoro che ha effettivamente svolto, e che comporta diversa responsabilità. «Non è cosa da poco, oltre che di professionalità si parla anche di contribuzione previdenziale e di minore stipendio: con 1.000 euro al mese e il mutuo da pagare non era possibile andare avanti» – conclude l'uomo.

A presentare il caso è l'ex consigliera Caterina Dominici, che sta cercando di aiutare il padre di famiglia battendo a tutte le porte possibili, ma finora invano. «Parlano tanto di famiglia alla Comunità di valle ma per questa famiglia trentina nessuno muove un dito» - conclude amaramente l'ex preside, che non sa più dove cercare per dare una speranza di soluzione a questo papà.













Scuola & Ricerca

In primo piano