Dionisi: «Ha raggiunto traguardi irripetibili»

L’ex campione arcense dell’asta: «Nel ’71 capì subito che era un grande» Carlo Giordani: «Staccò un assegno per i giovani atleti della Quercia»


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Anche in regione, il mondo dello sport è attonito. Ma non senza parole. Perché quel nome, Mennea, evoca in tutti splendidi ricordi, legati ai legati ai trionfi del grande Pietro. Una luce, quella della “Freccia del Sud, che ha illuminato anche il Trentino, in occasione delle sue partecipazioni al Palio della Quercia e ad altre competizioni, quando l’atletica sapeva ancora riempire gli stadi, anche alle nostre latitudini.

Renato Dionisi, 65enne arcense, ex campione e primatista italiano del salto con l’asta, medaglia di bronzo agli Europei di Helsinki 1971, campione europeo indoor a Rotterdam 1973, in azzurro anche alle Olimpiadi di Tokyo 1964 e di Monaco di Baviera 1972, ha trascorso un bel pezzo della sua vita accanto a Pietro Mennea. «Non potevo vantare con Mennea un vero rapporto di amicizia – spiega Dionisi, oggi tecnico dell’Atletica Alto Garda e Ledro – Lui è arrivato in Nazionale nel 1971, io ho gareggiato in azzurro fino al 1974, quindi qualche anno assieme l’abbiamo fatto. Ma nell’atletica si viaggiava un po’ a compartimenti stagni, i velocisti con i velocisti, i saltatori con i saltatori. Comunque, abbiamo fatto assieme gli Europei di Helsinki, le Olimpiadi di Monaco, qualche finale di Coppa Europa ancora a Helsinki e in Francia e tante tante edizioni dei campionati italiani e in albergo ci si incontrava. Lui poi faceva base stabilmente a Formia, mentre io ci stavo due settimane al mese».

Il ricordo di Mennea, però, è vivo, vivissimo nella mente di Dionisi. «Quando arrivò, nel 1971, ci rendemmo subito conto che era un grande. Infatti, fu subito terzo con la staffetta 4x100, ed era ancora Junior. Noi, che eravamo più anziani, cominciammo subito a seguirlo con interesse e simpatia. Era una persona gentilissima, davvero molto cortese. E, a differenza di quello che sostengono in tanti, gli piaceva molto ridere e scherzare. È vero, semmai, che in prossimità delle gare si chiudeva un po’, perché voleva vincerle tutte, anche la più piccola».

Dionisi non può che testimoniare l’altissimo valore dell’atleta Mennea. «Lui è stato un precursore, oggi ci si allena con i metodi che lui adottava quarant’anni fa. Lui era scrupoloso, controllato, pignolo, noi decisamente più elastici...». L’ex campione arcense, invece, non è d’accordo con quanti sostengono che il grande Pietro avesse un brutto carattere. «In squadra era amabilissimo – spiega – Successivamente è stato al centro di qualche polemica, probabilmente a causa di quella stessa pignoleria che, trasferita nella vita di tutti i giorni, lo ha reso poco accomodante. Ma la sua – conclude Dionisi – è una storia irripetibile, ha raggiunto traguardi impensabili, oggi, per l’atletica italiana».

Ex azzurro dei 110 e 400 ostacoli a livello giovanile ma soprattutto dirigente dell’Us Quercia Rovereto e organizzatore del “Palio”, anche Carlo Giordani ha splendidi ricordi di Pietro Mennea. «In Nazionale l’ho appena incrociato, lui iniziava e io stavo smettendo. Il rapporto con Pietro si è riallacciato quando ho cominciato ad occuparmi dell’organizzazione del Palio. Se non sbaglio, il suo esordio con la Nazionale maggiore avvenne proprio a Rovereto, nel 1970. In quegli anni, peraltro, facemmo un esperimento rivoluzionario, combinando calcio e atletica: nell’intervallo di una partita tra Inter e Rovereto, Mennea corse e vinse i 200 metri. Eppoi, tutte le partecipazioni al Palio, di cui Pietro detiene ancora il record dei 200, 20”07, stabilito nel 1980, a poche settimane dalla conquista dell’oro di Mosca. Una volta, dopo aver intascato l’assegno dell’ingaggio, ne firmò uno per i giovani della nostra società».

«Si allenava in maniera maniacale, Vittori doveva portarlo via a forza dalla pista– ricorda ancora il dirigente roveretano – Venivano a Formia anche dagli Stati Uniti per vedere come si allenava. Precursore? Di più, perché da quel punto di vista l’atletica ha fatto dei passi indietro. Mennea era capace di accumulare fino a 3 chilometri di allenamento di resistenza alla velocità, vuol dire fare 25-30 volte i 100 metri ai suoi ritmi».

Addio, Pietro, anche dal Trentino.

@mauridigiangiac

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