Bilancio

«Derivati, perdita di 30 milioni»

Corte dei Conti durissima con la Provincia: incomprensibile la scelta di firmare gli swap


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Un buco prevedibile di 30 milioni di euro e 15 milioni già bruciati. Il quadro che la Corte dei Conti fa dei risultati dell’avventura dei derivati ricorda da vicino un bagno di sangue per le casse della Provincia. Nella lunga relazione di parifica del bilancio provinciale, il giudice relatore della Sezione Controllo, Massimo Agliocchi, è durissimo sui derivati conclusi dalle società controllate dalla Provincia, Patrimonio del Trentino e Cassa del Trentino.

Il Trentino aveva anticipato in parte queste conclusioni e il direttore generale di Cassa del Trentino, Lorenzo Bertoli, aveva contestato le tesi della Corte dei Conti sostenendo che l’operazione derivati presenta comunque un saldo attivo. Adesso, con la relazione finale approvata la scorsa settimana e pubblicata nei giorni scorsi, la Corte torna sul punto e rincara la dose. Secondo la magistratura contabile quei contratti non potevano essere stipulati perché vietati per legge e rischiano di far perdere 30 milioni alla Provincia: «Il differenziale tra flussi in entrata e in uscita evidenzia delle forti perdite corrispondenti a 30.079.136,33 euro», scrive la Corte.

A parte i contratti già conclusi, la lente di ingrandimento viene puntata soprattutto sugli interest rate swap di Cassa del Trentino e Patrimonio del Trentino. La prima ha concluso tre contratti, il primo con Natixis per un capitale nozionale di 5.094.500 euro e con scadenza a fine 2016, gli altri due per un capitale nozionale di 24.687.538 ciascuno con Royal Bank of Scotland e con Barclays Capital, entrambi con scadenza 31 dicembre 2029. Patrimonio del Trentino ha concluso due contratti di interest rate swap, entrambi di 31.737.966 euro con Dexia Crediop e Mps capital service. In totale, quindi, i cinque derivati avevano un importo totale di 117 milioni di euro.

La Corte rileva: «I contratti sono stati stipulati nonostante la norma che vietava i derivati agli enti locali. Lo strumento societario (le due controllate ndr) è stato usato per eludere la normativa. Pertanto le delibere della Provincia che autorizzano Patrimonio del Trentino evidenziano profili di dubbia legittimità».

I derivati di Patrimonio del Trentino erano stati conclusi per ammortizzare il rischio dei tassi dei mutui per la costruzione del Muse. La Provincia aveva concesso a Patrimonio del Trentino un contributo annuo per pagare gli interessi, circa il 6%, e quota capitale di un mutuo per realizzare il Muse. Così Patrimonio del Trentino si è indebitata e ha collegato al mutuo i due derivati da 31 milioni ciascuno. Patrimonio del Trentino ha, quindi, ceduto a Dexia e Mps la somma corrispondente al contributo provinciale e ha ottenuto un tasso variabile nella misura dell’euribor a 3 mesi più 2,7% di spread. Secondo la Corte, però « Alla data della sottoscrizione, però, l’euribor era a 1,08% e quindi appare chiaro che l’operazione finanziaria si presentasse in significativa perdita fin dall’inizio cedendo Patrimonio del Trentino una quota fissa(circa il 6% del nozionale) e ricevendo un tasso variabile (corripsondente a febbraio 2011 al 1,09% più lo spread del 2,7%). In sostanza il differenziale del derivato risulta pesantemente negativo giacché l’interesse ceduto alle controparti nello swap è risultato significativamente superiore all’interesse riscosso».

Come controprova, la Corte aggiunge: «Se Patrimonio del Trentino avesse semplicemente incassato il contributo fisso della Provincia senza concludere gli swap, avrebbe abbondantemente potuto pagare gli interessi passivi sulle operazioni di indebitamento. In definitiva appaiono difficilmente comprensibili le ragioni che hanno indotto Patrimonio e Provincia a concludere gli swap».

Per quanto riguarda i derivati di Cassa del Trentino, invece, la Corte osserva: «Non sembra ricorrere l’asserita finalità di copertura potendosi desumere un’esclusiva natura speculativa. Appare priva di qualsiasi fondamento logico la scelta di Cassa del Trentino di stipulare gli swap per l’ipotetica copertura di mutui attivi concessi ai comuni a un tasso fisso del 4,75% di per sè privi di alcun rischio, in mancanza di una passività sottostante. Se Cassa del Trentino non avesse concluso gli swap, avrebbe continuato a percepire gli interessi attivi inerenti ai mutui concessi ai comuni senza i rischi dell’operazione finanziaria. Con la stipulazione dello swap, invece, Cassa del Trentino ha ceduto una rendita certa per conseguire swap a un flusso variabile». Insomma due operazioni fallimentari, secondo la Corte dei Conti.













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