De Laurentis: «Un grande Centro per il Trentino del futuro»

Il modello del presidente degli Artigiani. Su Grisenti: «Io guardo dove uno va, non da dove viene». E su una candidatura nel 2013, non chiude la porta: «Ho imparato a non usare la parola “mai”»


di Gianfranco Piccoli


TRENTO. Un chiaro segnale di discontinuità con il passato ed il presente, che in Trentino si chiama Lorenzo Dellai. In questo, Roberto De Laurentis, presidente degli Artigiani trentini, «sposa» il pensiero di Gianni Kessler. Pur con i dovuti distinguo.

De Laurentis, Kessler ha sparato alto, creando scompiglio nel centrosinistra.

Quando uno spara ovunque, da qualche parte ci prende. La verità è che ogni tanto il sistema va cambiato, non perché si è contro qualcosa o qualcuno, ma per necessità di voltare pagina, proporre modelli diversi. Va cambiata la politica, ma anche l’entourage, l’apparato amministrativo, altrimenti si vedono sempre le solite soluzioni. La continuità risiede nei valori, non nelle persone».

La Cooperazione non ha propriamente preso questa strada con la conferma di Diego Schelfi alla guida.

La Cooperazione è come la Chiesa, tende ad essere secolarizzata: quando uno diventa ministro non va più via. Si sente investito da una missione.

Adesso c’è la corsa ad accusare la Provincia di eccesso di invadenza nell’economia e quindi nelle capacità di sviluppo.

Un problema che non è stato percepito nel periodo di vacche grasse. Ed ora che le vacche sono magre le aziende non hanno la capacità di reagire: stanno tutti a guardare cosa fa mamma Provincia.

Pombeni dice che in questo momento non ci si può affidare ad una sola persona.

Un leader ci vuole, ma non deve essere solo. E ho l’impressione che Dellai sia stato troppo solo, come «i numeri primi». Non riescono a crearsi un’alternativa, forse per ragioni inconsce...

L’A22 va all’asta e la regia rischia di finire chissà dove. Cosa ci insegna questa vicenda?

Che tutte le cose ce le dobbiamo guadagnare, al di la degli accordi, vedi quello di Milano. Chiediamoci: a cosa serve la nostra regia in A22? Ad avere uno sguardo sul territorio o a creare posti di potere? Non bisogna avere paura di aprirsi e guardare oltre: anche noi potremmo diventare registi, con il nostro modello, al di fuori del Trentino. Senza che l’idea dell’apertura non diventi un feticcio.

Visto da fuori, cosa pensa del dibattito per le primarie nel centrosinistra?

Non servono a nulla, se non a ratificare quello che già hanno deciso dall’alto. Il Pd ha ancora vecchi schemi e vecchi rituali. In questo momento c’è però una battaglia interna e non mi stupirei se uscissero due candidati. Magari anche Kessler, che un modello lo ha.

E il Pdl? Il futuro è molto incerto dopo le ultime fuoriuscite.

Rischia di marginalizzarsi, perché è diventato il partito di Tizio e Caio (chiaro il riferimento a de Eccher e Leonardi ndr) e non l’espressione della sua base.

Grisenti.

La presenza del suo nome è il segno della crisi dei partiti. Il Pdl si spaccherà, l’Upt si spaccherà, forse il Pd cercherà una mediazione. Credo che il nome di Grisenti sia spuntato in ragione del suo efficientismo e della sua grande presenza sul territorio. Probabilmente è stata la sua coscienza a spingerlo a rientrare in politica: quando i nanetti cercano spazio, entra chi nano non lo è. Grisenti sta chiamando e le sue truppe rispondono».

Grisenti in campo: ma con chi?

E’ presto per individuare alleanze, ma io credo che il Grande Centro esista a prescindere dalle persone. In questo momento non bisogna avere divisioni mentali, ma puntare a radunare le intelligenze. Io a uno non chiedo da dove viene, ma dove ha intenzione di andare.

Parla quasi da candidato.

In questo momento sono felice di fare il presidente degli artigiani.

Ma?

Ma ho imparato che nella vita usare la parola “mai” è un errore.

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