«Cristo Re? Un miracolo dei poveri» 

Ieri i festeggiamenti a “don Torta” per i suoi cento anni, che ha ricordato l’avventura della costruzione della chiesa


di Daniele Peretti


TRENTO. «Il mio primo giorno a Cristo Re è stato il 6 febbraio del 1948 quando arrivai in bicicletta da Rovereto per celebrare la mia prima messa nella Cappella che allora era nell'area di un capannone al 14/b di Corso Buonarroti. Non avevo però un posto dove andare e così mi fece piacere l’invito a bere un caffè di Luigi Cavagna. La moglie mi offrì anche un po’ di latte che mi diede dopo aver munto la capretta che avevano in giardino. A pranzo fui invitato a casa di Carlo Battisti proprietario della fonderia che mi trovò da dormire dalle sorelle Reali che facevano le sarte». Lucidissimo il ricordo di Don Guido Avi, “Don Torta”, nonostante i suoi 100 anni compiuti a febbraio, della sua prima giornata nel quartiere di Cristo Re con quale stabilì subito un rapporto spontaneo. Un rione molto povero, fatto di case di operai, alcune delle quali costruite dalle stesse ditte delle quali erano dipendenti e tanta campagna.

Ieri mattina il rione si è voluto stringere attorno Don Torta con una giornata di festa che è iniziata nella chiesa costruita grazie al suo impegno: «In questo altare sono murate le cinquemila firme dei fedeli che diedero il loro contributo alla costruzione della chiesa». Il fatto che sia stata edificata grazie anche alla vendita di torte e da qui il suo soprannome, non è una leggenda metropolitana: «Quando fu assegnato il terreno non c’erano soldi per fare nulla. Quello che la gente del rione poteva fare con pochi problemi erano delle torte e così cominciai a venderle prime nel rione, poi portandole all’oratorio del Duomo per i vasi della fortuna. L’idea piaceva tanto che l’appello trasmesso col passaparola coinvolse tutta la città e poi lo estesi a tutto il Trentino. Ricordo ancora i camion di torte che arrivavano dalla Val di Non e da Rovereto». Ovviamente non furono solo torte, ma anche lotterie, donazioni e tutto quanto veniva in mente al vivacissimo Don Torta, per reperire fondi. Ma i soldi però non furono sufficienti per completare l’opera: «Costruimmo la chiesa e non il campanile perché li avevamo finiti. Del resto lo slogan era “datemi una torta e vi costruirò una chiesa” non avevo specificato se era compreso o meno anche il campanile, ironizza Don Torta, ma adesso avrei un sogno». Don Torta considera ogni giorno di vita un regalo del Signore: «A questa età non si può pretendere nulla, però mi piacerebbe vivere abbastanza per vedere la mia chiesa finita e se c’è da organizzare qualcosa, non mi tiro certo indietro». Don Torta tra la sua gente è ringiovanito, sì perché anche se molti dei suoi parrocchiani non ci sono più, la sua popolarità è andata oltre le generazioni. La sua storia la conoscono in tanti e lui è conosciuto come “Don Torta” e non certo come Don Guido Avi. A portare il sindaco sul palco di piazza General Cantore, dando così il patrocinio del Comune a questo appuntamento, è stato il consigliere comunale Vittorio Bridi e Andreatta si è presentato con un quadro raffigurante Piazza Duomo e la sua Torre Civica: «Don Avi non rappresenta solo Cristo Re, ma è un simbolo di tutta la città. E’ un pioniere e un fondatore non solo della chiesa, ma della comunità di Cristo Re alla quale ha saputo dare un’identità, nonostante fossero anni difficilissimi e la gente era molto povera. Ha saputo trasmettere entusiasmo e speranza che hanno aiutato a vivere meglio». Un ultimo commento di “Don Torta”: «Possiamo dire che la costruzione della chiesa sia stato un miracolo dei poveri. Penso anche che il Vescovo mi abbia spostato da Santa Maria a Rovereto a qui dove non c’era nemmeno una chiesa, pensando di darmi una missione impossibile».













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