«Contagio per un errore macroscopico» 

Il procuratore Gallina commenta il report. Indagini sull’ipotesi di contatto tra guanti sporchi e il catetere della bimba


di Luca Marognoli


TRENTO. La trasmissione della malaria alla piccola Sofia Zago è avvenuta “all’interno del contesto ospedaliero” ed è “compatibile con un contagio ematico diretto”, che porta ad escludere che sia stata veicolata da una zanzara. Il report redatto dall’Istituto superiore di sanità e firmato dal responsabile del dipartimento malattie infettive Giovanni Rezza, pur con una terminologia tecnica che fa dire al procuratore capo di Trento Marco Gallina di avere chiesto ai suoi periti di aiutarlo «a comprenderne la portata», è un atto di accusa molto chiaro ed univoco nei confronti dell’Azienda sanitaria. Gli accertamenti scientifici compiuti a Roma hanno permesso - secondo il rapporto - di stabilire un’identità genetica fra i due parassiti, presenti nel sangue della bimba trentina e di una delle sorelle del Burkina Faso ricoverate negli stessi giorni a Pediatria, grazie a tre marcatori perfettamente coincidenti, che non lascerebbero spazio a dubbi sul fatto che la malattia sia stata trasmessa da una paziente all’altra.

È emerso anche che il ceppo del plasmodio isolato nei reperti biologici dell’altra sorella africana era diverso, il che significa che sono state infettate (in Africa) da due zanzare diverse.

Il procuratore capo ha ricevuto il documento - composto da tre pagine che racchiudono le risultanze degli esami di laboratorio - dal ministero della salute. Documento che non lascia spazio ad interpretazioni e che parla esplicitamente di contesto ospedaliero e di contagio diretto attraverso il sangue. «Ho trasmesso le conclusioni ai consulenti da me nominati - ha spiegato Gallina - invitandoli anche ad anticiparmi i loro dati». Questi ultimi, essendo basati su un esame degli stessi reperti, non dovrebbero essere diversi da quelli dell’Iss. «Secondo la letteratura - ha aggiunto il procuratore - il fatto che vi sia un’identità in tre punti fra i dna esaminati è sufficiente per individuarne il ceppo in maniera precisa».

Di fronte a tali conclusioni - osserva il magistrato - «se errore c’è stato, deve essersene verificato uno macroscopico», stante che le procedure - come sostiene l’Apss - sono molto stringenti e puntuali.

Il report non formula ipotesi sulla modalità concreta di contagio. Qui entra in gioco la “ricostruzione storica” effettuata dal Nas di Trento sui ricoveri delle piccole pazienti. Una delle eventualità al vaglio degli investigatori è che un guanto sporco di sangue sia venuto accidentalmente a contatto con l’accesso venoso (il catetere) praticato alla piccola Sofia.













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